Tra i miei libri preferiti ce n'è uno che fa divulgazione in modo molto particolare: "Cuori e denari" di Giorgio Ruffolo che, attraverso le biografie di dodici grandi economisti, illustra i principi dell'economia in modo semplice quanto piacevole.
Penso che i film che parlano delle biografie dei personaggi della musica abbiano lo stesso effetto, perché favoriscono l'avvicinamento alla produzione musicale di alcuni artisti, proprio attraverso il racconto delle loro vite.
A tal proposito mi tornano in mente gli ultimi film che ho visto di questo genere: "Quando l'amore brucia l'anima" (2005) e "Ray" (2004), biografie di Johnny Cash e di Ray Charles, due film bellissimi.
Come non ricordare poi, la biografia di Jim Morrison (e in parte dei Doors) portata sul grande schermo da Oliver Stone? ("The Doors" del 1991), quella di Jerry Lee Lewis "Great Balls of Fire" (1989), o quella di Ritchie Valens (il messicano arrivato al successo nell'America degli anni '50 e scomparso prematuramente in un incidente aereo insieme ad altri due cantanti: Buddy Holly e Big Bopper), raccontata ne "La Bamba" (1987) e ancora "Sid e Nancy" (1986), la storia di Sid Vicious dei Sex Pistols...
La musica deve molto al cinema secondo me, anche quella classica, pensiamo a film come "Amadeus" (1984), sulla vita di Mozart. Chissà quante persone hanno scoperto e iniziato ad ascoltare la musica di grandi artisti grazie a quei film "biografici", che sono una delle strade principali per arrivare a conoscere la buona musica (visto che le radio ormai trasmettono soltanto roba "di consumo"...).
Anche film non direttamente legati alla biografia di un artista possono avere lo stesso effetto, pensiamo a "Maledetto il giorno che t'ho incontrato" di Verdone (che è tutto incentrato sulla figura di Jimi Hendrix), a "Mississipi adventure" (titolo originale "Crossroads", un filmetto "on the road" di non grandissimo valore cinematografico, che ha il merito di portare al grande pubblico la figura del padre del blues Robert Johnson) o al vecchissimo "La città del jazz" (titolo originale "New Orleans", 1947), nel quale i protagonisti interpretano praticamente se stessi e sono Louis Armstrong, Billie Holiday e Woody Herman...
La musica è espressione dell'artista e della sua vita e il cinema ci aiuta a capire il percorso da cui le melodie e le parole, che hanno affascinato milioni di persone, sono arrivate.
Le vite di certi artisti sono talvolta più avventurose del più coraggioso dei copioni cinematografici, e certe pellicole ce lo hanno dimostrato. La storia di Jerry Lee Lewis, quella di Johnny Cash o quella di Ray Charles superano la fantasia di qualunque scrittore e si prestano molto a un adattamento cinematografico (si tratta di personaggi di successo e ricchi, ma che spesso hanno conosciuto la malattia, la discriminazione, la droga...).
Questo è Dennis Quaid che interpreta Jerry Lee Lewis in "Great Balls of Fire".
domenica 8 novembre 2009
venerdì 9 ottobre 2009
Queen... e non aggiungo altro
Da dove comincio? forse dalle TV private. Ero piccolissimo quando vidi per la prima volta certi strani filmati in televisione, vedevo gente che suonava e uno che cantava con la maglietta di Flash Gordon... quella musica mi prendeva, la sonorità della chitarra suonata da quel capellone era magnetica... che emozione rivederlo quel filmato, l'ho ritrovato su Youtube.
Un pezzo d'infanzia, ricordi di un bambino che vedeva quella roba ed altre cose anche più inquietanti (filmati che in età adulta ho identificato; uno ad esempio era un brano del film "Tommy", opera Rock degli Who). Quanto tempo... quanta musica è risuonata dentro 'ste orecchie, e se questa musica è stata il rock è stato anche per colpa degli incontri ravvicinati del terzo tipo con certi personaggi strani, che non erano proprio le cose che si vedevano sulla TV dei ragazzi (ormai preistoria...).
Non è facile per me parlare dei Queen, dei ricordi televisivi di cui ho già scritto, delle emozioni che provo sempre quando ascolto Bohemian Rhapsody, Brighton Rock, Radio Ga-Ga o le più recenti "These are the days of our lives" (struggente) e "The show must go on" (la prima volta che l'ho sentita mi sono chiesto perché Freddie avesse scritto quella specie di testamento...).
Che dire dei Queen? Che Farrokh Bulsara (Freddie Mercury) era uno dei più grandi showmen mai apparsi sulla terra, dotato di una voce ed una presenza scenica uniche? Che Brian May è uno dei pochi chitarristi che riconosci alla quarta nota che suona? (si contano sulla punta delle dita... Hendrix, Gilmour e pochi altri)...
Sui Queen ci sarebbe da dire troppo, come su tutti i grandi, ma alla fine si rischia di dire sempre poco. Mi limiterò a dire che i Queen da "Queen I" al disco di addio di Freddie "Innuendo" (1991, un disco che è il testamento musicale di questo grande artista, un lavoro di una intensità, profondità e tristezza difficilmente eguagliabili), sono stati almeno 4 gruppi diversi, pur continuando ad essere sempre loro.
Escludendo "Innuendo" (oltre che le raccolte e i live), che per me rimane un discorso a parte, questi sono i "periodi" in cui divido la produzione dei Queen:
Vi propongo un piccolo sondaggio che ricalca quanto detto sopra, quali sono i Queen che preferite?
Un pezzo d'infanzia, ricordi di un bambino che vedeva quella roba ed altre cose anche più inquietanti (filmati che in età adulta ho identificato; uno ad esempio era un brano del film "Tommy", opera Rock degli Who). Quanto tempo... quanta musica è risuonata dentro 'ste orecchie, e se questa musica è stata il rock è stato anche per colpa degli incontri ravvicinati del terzo tipo con certi personaggi strani, che non erano proprio le cose che si vedevano sulla TV dei ragazzi (ormai preistoria...).
Non è facile per me parlare dei Queen, dei ricordi televisivi di cui ho già scritto, delle emozioni che provo sempre quando ascolto Bohemian Rhapsody, Brighton Rock, Radio Ga-Ga o le più recenti "These are the days of our lives" (struggente) e "The show must go on" (la prima volta che l'ho sentita mi sono chiesto perché Freddie avesse scritto quella specie di testamento...).
Che dire dei Queen? Che Farrokh Bulsara (Freddie Mercury) era uno dei più grandi showmen mai apparsi sulla terra, dotato di una voce ed una presenza scenica uniche? Che Brian May è uno dei pochi chitarristi che riconosci alla quarta nota che suona? (si contano sulla punta delle dita... Hendrix, Gilmour e pochi altri)...
Sui Queen ci sarebbe da dire troppo, come su tutti i grandi, ma alla fine si rischia di dire sempre poco. Mi limiterò a dire che i Queen da "Queen I" al disco di addio di Freddie "Innuendo" (1991, un disco che è il testamento musicale di questo grande artista, un lavoro di una intensità, profondità e tristezza difficilmente eguagliabili), sono stati almeno 4 gruppi diversi, pur continuando ad essere sempre loro.
Escludendo "Innuendo" (oltre che le raccolte e i live), che per me rimane un discorso a parte, questi sono i "periodi" in cui divido la produzione dei Queen:
- gli inizi, innovativi e glam ("Queen", "Queen II", "Sheer Heart Attack")
- gli anni del fenomeno Queen ("A Night at The Opera", "A Day at The Races", "News of the world", "Jazz")
- il passaggio dai '70 agli '80 ("The Game", "Flash Gordon", "Hot Space")
- gli anni '80 ("The Works", "A Kind of Magic", "The Miracle")
Vi propongo un piccolo sondaggio che ricalca quanto detto sopra, quali sono i Queen che preferite?
mercoledì 9 settembre 2009
Il rock e l'insegnamento efficace: "School of Rock"
Settembre... tempo di scuola... mi torna in mente una signora, conosciuta tempo fa, che era letteralmente esausta, perché costretta a fare l'una di notte ed alzarsi alle 5 del mattino per aiutare suo figlio (classe prima media) a studiare. La situazione di quel ragazzino era quella di tutti i suoi compagni di scuola (le mamme di quella classe stavano per andare tutte insieme dal preside a chiedere il perché di una così forte pressione sui ragazzi), costretti a stare ore sui libri o a fare decine di esercizi come compiti per casa...
Avendo concluso che forse non il problema non era nelle capacità del figlio, questa mamma si stava ponendo due domande di una semplicità e di una saggezza disarmanti:
1) è solo la quantità di nozioni/pagine/esercizi che aiuta i ragazzi ad apprendere?
2) si impara ancora in classe con le spiegazioni, e si consolida l'apprendimento casa facendo i compiti, o qualcosa è cambiato nella scuola...?
Penso che insegnare, soprattutto ai giovani, sia una grandissima responsabilità ed un lavoro molto impegnativo, sennò degli insegnanti non ci sarebbe bisogno. Se i libri fossero solo contenuti da immagazzinare, da soli sarebbero più che sufficienti...
No no... non sto fuori tema, sto sempre nel mio blog musicale. L'incontro descritto poc'anzi mi ha fatto tornare alla mente un film tutt'altro che serio, anzi comico, che facendo ridere mostra alcuni "ingredienti" che non dovrebbero mancare ad un buon insegnante.
Il film è "School of rock" (del 2003; ringrazierò sempre Daniele, un mio amico, per avermelo fatto scoprire), con il bravissimo Jack Black che interpreta un chitarrista, cacciato da una band, che per rimediare i soldi dell'affitto finge di essere il supplente in una scuola elementare... e inizia ad insegnare la sua materia, il Rock!
Il film è una simpatica sequenza di citazioni, luoghi comuni, vizi e stranezze del rock (soprattutto di quello anni '70) che oltre a far sorridere e a far ascoltare un sacco di musica bellissima, fa riflettere su molte cose.
Il personaggio, nella sua comicità, rappresenta tutta la passione (per ciò che si insegna) che caratterizza gli insegnanti bravi e fa vedere che la didattica non è solo "spiegare" i libri ma anche
- esemplificare
- far sperimentare
- far vedere ed ascoltare
- rappresentare le connessioni tra vari fenomeni
insomma guardatevi questi spezzoni di un film veramente imperdibile, dal punto di vista musicale ma non solo!
Avendo concluso che forse non il problema non era nelle capacità del figlio, questa mamma si stava ponendo due domande di una semplicità e di una saggezza disarmanti:
1) è solo la quantità di nozioni/pagine/esercizi che aiuta i ragazzi ad apprendere?
2) si impara ancora in classe con le spiegazioni, e si consolida l'apprendimento casa facendo i compiti, o qualcosa è cambiato nella scuola...?
Penso che insegnare, soprattutto ai giovani, sia una grandissima responsabilità ed un lavoro molto impegnativo, sennò degli insegnanti non ci sarebbe bisogno. Se i libri fossero solo contenuti da immagazzinare, da soli sarebbero più che sufficienti...
No no... non sto fuori tema, sto sempre nel mio blog musicale. L'incontro descritto poc'anzi mi ha fatto tornare alla mente un film tutt'altro che serio, anzi comico, che facendo ridere mostra alcuni "ingredienti" che non dovrebbero mancare ad un buon insegnante.
Il film è "School of rock" (del 2003; ringrazierò sempre Daniele, un mio amico, per avermelo fatto scoprire), con il bravissimo Jack Black che interpreta un chitarrista, cacciato da una band, che per rimediare i soldi dell'affitto finge di essere il supplente in una scuola elementare... e inizia ad insegnare la sua materia, il Rock!
Il film è una simpatica sequenza di citazioni, luoghi comuni, vizi e stranezze del rock (soprattutto di quello anni '70) che oltre a far sorridere e a far ascoltare un sacco di musica bellissima, fa riflettere su molte cose.
Il personaggio, nella sua comicità, rappresenta tutta la passione (per ciò che si insegna) che caratterizza gli insegnanti bravi e fa vedere che la didattica non è solo "spiegare" i libri ma anche
- esemplificare
- far sperimentare
- far vedere ed ascoltare
- rappresentare le connessioni tra vari fenomeni
insomma guardatevi questi spezzoni di un film veramente imperdibile, dal punto di vista musicale ma non solo!
mercoledì 15 luglio 2009
Canon, Xerox, etc. fanno affari d'oro... (l'auto-plagio)
In ambito musicale, qualcosa che suona familiare, simile a cose già ascoltate, ci coinvolge più facilmente di qualcos'altro che suona completamente nuovo (mi daranno il premio nobel per questa scoperta rivoluzionaria!).
La storia della musica, soprattutto quella più recente, è prodiga di "fenomeni" costruiti per assomigliare (musicalmente e come immagine) a qualcun altro e per essere trasmessi nei canali di diffusione giusti, perché amici, amanti, o parenti di qualche grosso discografico, o semplicemente perché in possesso di una faccia che in quel momento funziona.
Basta sintonizzarsi sulla maggior parte dei network musicali, radio o tv e cominciare a fare il gioco delle somiglianze, per capire quanto questa pratica di "copiatura" sia diffusa, ma forse siamo talmente abituati, che ci sembra naturale che la musica, all'interno di determinati generi, si assomigli tutta.
Non è però di "copiature" o di plagi (fenomeno molto diffuso) che voglio parlare in questo post, ma di "auto-plagi".
Se si può fare successo riciclando cose altrui... perché non farlo fotocopiando le proprie canzoni?
Squadra che vince non si cambia, recita un antico adagio calcistico. Canzone che vince... si ripropone, sembra essere il corrispondente musicale della regola "aurea" del pallone!
Tutti abbiamo in testa canzoni di qualche artista che assomigliano ad altri suoi brani del passato e, se non siamo proprio adolescenti, ricordiamo le gesta di personaggi come i Modern Talking o Sandra, che negli oscuri anni '80 andavano avanti riproponendo per anni la stessa canzone (ma c'è da dire che anche personaggi "veri" sono caduti in tentazione....).
Il fatto è che riproporre (copiando parti melodiche, ritmiche, o creando intere canzoni identiche ad altre prodotte nel passato) è molto più facile che scrivere cose nuove e, con pochi ritocchi, si può lanciare come nuovo qualcosa che suona molto simile a successi precedenti, qualcosa che forse più facilmente avrà successo. Qualche esempio?
Queste sono "Colpa D'Alfredo" di Vasco e il suo clone "Siamo solo noi", giudicate voi...
La storia della musica, soprattutto quella più recente, è prodiga di "fenomeni" costruiti per assomigliare (musicalmente e come immagine) a qualcun altro e per essere trasmessi nei canali di diffusione giusti, perché amici, amanti, o parenti di qualche grosso discografico, o semplicemente perché in possesso di una faccia che in quel momento funziona.
Basta sintonizzarsi sulla maggior parte dei network musicali, radio o tv e cominciare a fare il gioco delle somiglianze, per capire quanto questa pratica di "copiatura" sia diffusa, ma forse siamo talmente abituati, che ci sembra naturale che la musica, all'interno di determinati generi, si assomigli tutta.
Non è però di "copiature" o di plagi (fenomeno molto diffuso) che voglio parlare in questo post, ma di "auto-plagi".
Se si può fare successo riciclando cose altrui... perché non farlo fotocopiando le proprie canzoni?
Squadra che vince non si cambia, recita un antico adagio calcistico. Canzone che vince... si ripropone, sembra essere il corrispondente musicale della regola "aurea" del pallone!
Tutti abbiamo in testa canzoni di qualche artista che assomigliano ad altri suoi brani del passato e, se non siamo proprio adolescenti, ricordiamo le gesta di personaggi come i Modern Talking o Sandra, che negli oscuri anni '80 andavano avanti riproponendo per anni la stessa canzone (ma c'è da dire che anche personaggi "veri" sono caduti in tentazione....).
Il fatto è che riproporre (copiando parti melodiche, ritmiche, o creando intere canzoni identiche ad altre prodotte nel passato) è molto più facile che scrivere cose nuove e, con pochi ritocchi, si può lanciare come nuovo qualcosa che suona molto simile a successi precedenti, qualcosa che forse più facilmente avrà successo. Qualche esempio?
- Dire Straits: "Sultans of swing" e "Lady writer" (stesso ritmo, stessa chitarra ritmica)
- RHCP: "Under the bridge" e "Soul to squeeze" (struttura identica, con intro soft, linea di basso molto sottolineata, finale con chitarra elettrica distorta)
- Vasco: "Siamo solo noi" e "Colpa d'Alfredo" (... armonicamente è la stessa canzone, lo si capisce al primo ascolto)
- Nirvana: "Smells like teen spirit" e "Rape me" (il riff è fotocopiato, il sound della canzone non è proprio identico, ma comunque simile)
- REM: "The end of the world as we know it" e "Bad Day" (stesso ritmo, stessa melodia nel ritornello.. due note di differenza)
- Eagles: "Take it Easy" e "How long" (stessa ritmica, stessa atmosfera... la prima volta che ho sentito "How long"... ho detto che era la "Take it easy" degli anni 2000)
Queste sono "Colpa D'Alfredo" di Vasco e il suo clone "Siamo solo noi", giudicate voi...
venerdì 26 giugno 2009
Stanotte si è spenta la più grande e controversa star del pop
Tornare a casa di notte, accendere la TV e sentire la notizia della morte a causa di un infarto di un uomo di 50 anni, di nome Michael Jackson, mi ha fatto un certo effetto.
Ex bambino prodigio, iniziò la carriera nel gruppo di famiglia, i Jackson Five, composto da lui e da altri quattro suoi fratelli.
Il grande successo arriva quando poco più che ventenne irrompe nel mercato mondiale con il suo "Thriller" (1982), disco dei record e dei grandi successi ("Thriller", "Billy Jean", "Beat it" solo per citarne alcuni).
Jackson è stato il promotore di iniziative benefiche come "USA for Africa" e il creatore di fondazioni a favore dell'infanzia, ma è anche balzato alle cronache per essere un personaggio eccentrico, accusato di pedofilia, oltre che misteriosamente trasformatosi da uomo di colore in uomo bianco.
E' stato un artista capace di creare grandi successi commerciali ma anche un uomo capace di inviare al mondo messaggi a favore delle popolazioni più povere, attraverso brani come "Heal the world".
Un personaggio fatto di luci ed ombre, un uomo che ha saputo attrarre l'attenzione su di se, e non sempre per motivi nobili, un artista che ci ha lasciato molta musica che rimarrà senza dubbio nella storia del pop.
Una delle mie canzoni preferite di questo artista è "Man in the mirror", un brano che parla di quell'uomo davanti allo specchio con il quale ci confrontiamo tutti, prima o poi, nella vita...
Ex bambino prodigio, iniziò la carriera nel gruppo di famiglia, i Jackson Five, composto da lui e da altri quattro suoi fratelli.
Il grande successo arriva quando poco più che ventenne irrompe nel mercato mondiale con il suo "Thriller" (1982), disco dei record e dei grandi successi ("Thriller", "Billy Jean", "Beat it" solo per citarne alcuni).
Jackson è stato il promotore di iniziative benefiche come "USA for Africa" e il creatore di fondazioni a favore dell'infanzia, ma è anche balzato alle cronache per essere un personaggio eccentrico, accusato di pedofilia, oltre che misteriosamente trasformatosi da uomo di colore in uomo bianco.
E' stato un artista capace di creare grandi successi commerciali ma anche un uomo capace di inviare al mondo messaggi a favore delle popolazioni più povere, attraverso brani come "Heal the world".
Un personaggio fatto di luci ed ombre, un uomo che ha saputo attrarre l'attenzione su di se, e non sempre per motivi nobili, un artista che ci ha lasciato molta musica che rimarrà senza dubbio nella storia del pop.
Una delle mie canzoni preferite di questo artista è "Man in the mirror", un brano che parla di quell'uomo davanti allo specchio con il quale ci confrontiamo tutti, prima o poi, nella vita...
sabato 6 giugno 2009
Due! (Beatles e Rolling Stones)
L'uomo deve sempre ricorrere ai dualismi. Forse perché la nostra vita è fatta di dualismi (giorno e notte, bene e male, etc.), che da sempre ne creiamo: Guelfi e ghibellini, Roma e Lazio, Obama e McCain, USA e URSS. La letteratura ci ha raccontato i Montecchi e i Capuleti di Shakspeare e il "Visconte Dimezzato" di Calvino (che era tagliato in due parti, quella buona e quella cattiva); anche gli scritti di carattere sociologico o psicologico ci hanno fatto riflettere su un sacco di dualismi ("Avere o Essere" di Fromm, le teorie contrapposte "X" e "Y" descritte da McGregor ne "L'aspetto umano dell'impresa", etc.).
Insomma esistono situazioni in cui si sta da una parte o dall'altra, dove una terza scelta è difficile che ci sia!
Nell'ambito della musica pop/rock, il re di tutti i dualismi è quello Beatles / Rolling Stones, un dualismo storico, quello su cui c'è un confronto che va avanti da generazioni.
I Beatles con la faccia pulita, la camicia e la cravatta, gli Stones mezzi hippie, alcolizzati e forse qualcos'altro... i Beatles più compatibili con i gusti delle mamme, gli Stones, incarnazione del demonio!
Va avanti ormai da più di quarant'anni il dibattito tra chi preferisce le melodie incantate della premiata ditta Lennon-McCartney e chi sostiene, senza tentennamenti, che è meglio il rock-blues sporco e trascinante degli Stones.
Beatles e Rolling Stones, due mondi contrapposti che rappresentavano due modi di essere della gioventù degli anni '60 e, anche se gli anni si son portati via i movimenti giovanili e la pigmentazione dei capelli di tanti (ormai ex) giovani, il faccia a faccia tra questi due mondi (sul piano musicale) ancora è in voga.
Per quanto ci appaiano contrapposti, gli scarafaggi e le pietre rotolanti, hanno un sacco di aspetti che li avvicinano. Entrambi, ad esempio, hanno iniziato suonando cover di brani rock'n roll (Chuck Berry, Buddy Holly, etc.); tutt'e due le band erano caratterizzate dalla "doppia leadership" (Lennon-McCartney, Jagger - Richards); una canzone li unisce: tra le prime interpretazioni degli Stones c'era "I wanna be your man" di Lennon-McCartney e poi, anche se in modo diverso, sia gli uni che gli altri hanno rappresentato la ribellione e la trasgressione. Ma la cosa che più accomuna questi due gruppi, ovviamente, è che hanno condizionato in maniera decisiva la musica che è stata creata dopo la loro apparizione (tanti chitarristi si sono ispirati ai riff di Keith Richards, tanti gruppi sono nati per emulare i Beatles, tanta musica è stata scritta con un'orecchio rivolto alle atmosfere musicali create da queste due band britanniche).
Da che parte sta l'autore del blog? L'adolescenza ribelle l'ho vissuta schierato dalla parte degli Stones... ma poi son passato dalla parte dei Beatles.
Trovo che la musica dei Beatles abbia la capacità di muovere qualcosa dentro l'anima, ti fa riflettere, ti fa sorridere, ti fa sentire la malinconia oppure la voglia di vivere. Credo veramente che la musica dei quattro di Liverpool sia qualcosa di grandioso, che rimarrà nella storia dell'umanità.
Per restare in tema, ecco un sondaggio: da che parte state?!
Insomma esistono situazioni in cui si sta da una parte o dall'altra, dove una terza scelta è difficile che ci sia!
Nell'ambito della musica pop/rock, il re di tutti i dualismi è quello Beatles / Rolling Stones, un dualismo storico, quello su cui c'è un confronto che va avanti da generazioni.
I Beatles con la faccia pulita, la camicia e la cravatta, gli Stones mezzi hippie, alcolizzati e forse qualcos'altro... i Beatles più compatibili con i gusti delle mamme, gli Stones, incarnazione del demonio!
Va avanti ormai da più di quarant'anni il dibattito tra chi preferisce le melodie incantate della premiata ditta Lennon-McCartney e chi sostiene, senza tentennamenti, che è meglio il rock-blues sporco e trascinante degli Stones.
Beatles e Rolling Stones, due mondi contrapposti che rappresentavano due modi di essere della gioventù degli anni '60 e, anche se gli anni si son portati via i movimenti giovanili e la pigmentazione dei capelli di tanti (ormai ex) giovani, il faccia a faccia tra questi due mondi (sul piano musicale) ancora è in voga.
Per quanto ci appaiano contrapposti, gli scarafaggi e le pietre rotolanti, hanno un sacco di aspetti che li avvicinano. Entrambi, ad esempio, hanno iniziato suonando cover di brani rock'n roll (Chuck Berry, Buddy Holly, etc.); tutt'e due le band erano caratterizzate dalla "doppia leadership" (Lennon-McCartney, Jagger - Richards); una canzone li unisce: tra le prime interpretazioni degli Stones c'era "I wanna be your man" di Lennon-McCartney e poi, anche se in modo diverso, sia gli uni che gli altri hanno rappresentato la ribellione e la trasgressione. Ma la cosa che più accomuna questi due gruppi, ovviamente, è che hanno condizionato in maniera decisiva la musica che è stata creata dopo la loro apparizione (tanti chitarristi si sono ispirati ai riff di Keith Richards, tanti gruppi sono nati per emulare i Beatles, tanta musica è stata scritta con un'orecchio rivolto alle atmosfere musicali create da queste due band britanniche).
Da che parte sta l'autore del blog? L'adolescenza ribelle l'ho vissuta schierato dalla parte degli Stones... ma poi son passato dalla parte dei Beatles.
Trovo che la musica dei Beatles abbia la capacità di muovere qualcosa dentro l'anima, ti fa riflettere, ti fa sorridere, ti fa sentire la malinconia oppure la voglia di vivere. Credo veramente che la musica dei quattro di Liverpool sia qualcosa di grandioso, che rimarrà nella storia dell'umanità.
Per restare in tema, ecco un sondaggio: da che parte state?!
lunedì 18 maggio 2009
Leggendo un libro del Dr. Sacks... (i musicisti ciechi)
L'immagine del musicista o del poeta cieco ha un'aura quasi mitica, come se gli dèi avessero concesso a costoro il dono della musica o della poesia per compensare il senso della vista di cui li avevano privati. Musicisti e bardi ciechi hanno avuto un ruolo particolare in molte culture, nelle vesti ora di menestrelli erranti, ora di artisti di corte o cantori religiosi. Per secoli, nelle chiese europee vi fu una tradizione di organisti ciechi. Molti sono i musicisti ciechi, soprattutto (anche se non esclusivamente) nel mondo del gospel, del blues e del jazz: Stevie Wonder, Ray Charles, Art Tatum, José Feliciano, Rahsaan Roland Kirk e Doc Watson, solo per fare alcuni nomi. Molti di questi artisti, anzi, hanno aggiunto «Blind» - il cieco - al proprio nome, quasi fosse un titolo onorifico: Blind Lemon Jefferson, The Blind Boys of Alabama, Blind Willie McTell, Blind Willie Johnson. In parte, l'abitudine di indirizzare i non vedenti verso professioni musicali è un fenomeno sociale, giacché era percezione comune che i ciechi fossero tagliati fuori da molte altre occupazioni. A questo impulso sociale corrispondono però potenti risorse interiori. I bambini ciechi spesso parlano precocemente e sviluppano un'inconsueta memoria verbale; allo stesso modo, molti di loro sono attratti dalla musica e motivati a farne il centro della propria vita.
Questo brano tratto dal bellissimo libro "Musicofilia" di Oliver Sacks, oltre a farci riflettere sul rapporto tra i non vedenti e la musica (dal passato fino ad oggi), ci da qualche riscontro "scientifico" per comprendere la forza e l'intensità che queste persone riescono a trasmetterci attraverso la loro musica.
Personalmente trovo che la musica di alcuni artisti ciechi abbia una ricchezza ed una completezza sonore che diventano palpabili; sento nei loro arrangiamenti una capacità di "riempire lo spazio" che è, indubbiamente, anche frutto della loro maggiore sensibilità uditiva.
Nonostante io sia particolarmente appassionato della musica di gente come Stevie Wonder (chi segue questo blog forse lo ha intuito...), Ray Charles e di vari artisti ciechi del blues "d'epoca"... non mi ero mai soffermato a riflettere su questa "densità" di musicisti non vedenti proprio nella musica "nera" e mi chiedo il perché proprio nel jazz, nel blues e nel gospel così tanti talenti ciechi... chissà forse il Dr. Sacks ce lo spiegherà nel suo prossimo libro!
Questo è l'indimenticabile Ray Charles nella sua "Hallelujah I Love Her So".
Questo brano tratto dal bellissimo libro "Musicofilia" di Oliver Sacks, oltre a farci riflettere sul rapporto tra i non vedenti e la musica (dal passato fino ad oggi), ci da qualche riscontro "scientifico" per comprendere la forza e l'intensità che queste persone riescono a trasmetterci attraverso la loro musica.
Personalmente trovo che la musica di alcuni artisti ciechi abbia una ricchezza ed una completezza sonore che diventano palpabili; sento nei loro arrangiamenti una capacità di "riempire lo spazio" che è, indubbiamente, anche frutto della loro maggiore sensibilità uditiva.
Nonostante io sia particolarmente appassionato della musica di gente come Stevie Wonder (chi segue questo blog forse lo ha intuito...), Ray Charles e di vari artisti ciechi del blues "d'epoca"... non mi ero mai soffermato a riflettere su questa "densità" di musicisti non vedenti proprio nella musica "nera" e mi chiedo il perché proprio nel jazz, nel blues e nel gospel così tanti talenti ciechi... chissà forse il Dr. Sacks ce lo spiegherà nel suo prossimo libro!
Questo è l'indimenticabile Ray Charles nella sua "Hallelujah I Love Her So".
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