lunedì 6 agosto 2012

Quali grandi artisti nella musica degli ultimi decenni? (Malcolm Gladwell, i fuoriclasse e i Beatles)

Uno degli scrittori che ho letto di più negli ultimi anni, Malcolm Gladwell, nella sua interessante pubblicazione "Fuoriclasse - storia naturale del successo", espone numerosi casi di talenti che sono diventati persone di grande successo, veri e propri fuoriclasse, grazie alla presenza di determinate condizioni: ambientali, di momento storico, opportunità e anche grazie alla loro tenacia e alla loro volontà di applicazione e di pratica. Steve Jobs e Bill Gates sono esempi citati nel libro: entrambi nati in un certo periodo storico, in un certo contesto in cui la tecnologia era agli albori (quindi in condizioni di partenza invidiabili) e che grazie a tenacia e applicazione sono diventati due "fuoriclasse".

I Fab Four sono ritenuti, nell'ambito musicale, un fenomeno senza tempo, veri e propri fuoriclasse e Gladwell li cita esplicitamente come esempio. Secondo l'autore i quattro di Liverpool avevano sicuramente un loro talento, una magia, un'alchimia particolare, ma questo talento è solo uno degli ingredienti e non sarebbero diventati i Beatles se non fossero vissuti in quel periodo che erano gli anni 60, in Inghilterra (in quella Inghilterra... in pieno fermento di cultura musicale), se non avessero scelto di andare a lavorare ad Amburgo per un lungo periodo di tempo, dove ebbero la possibilità di suonare ogni sera per ore e, grazie a questo duro lavoro, di trovare una perfetta coesione (quella che l'autore chiama la regola dei 10 anni o delle 10.000 ore).

Siamo abituati a valutare il talento come un dono, come qualcosa di particolare, un privilegio di pochi fortunati. In questo libro Gladwell ci racconta, anche provocatoriamente, che il talento non l'unica condizione per il successo, non è l'unica variabile che crea i cosiddetti fuoriclasse. Le condizioni ambientali, il lavoro duro, le opportunità offerte (anche quelle, anche il trovarsi nel posto giusto al momento giusto, anche la fortuna...) e la capacità di perseverare, hanno un importante ruolo nel trasformare in successo le potenzialità insite nell'essere umano.
L'esempio dei Beatles, tra i vari altri esempi riportati sul libro, mi ha colpito in modo particolare e mi ha fatto pensare ai personaggi che hanno avuto successo nella musica negli ultimi 30 anni, un periodo in cui di fuoriclasse veri ce ne sono stati veramente pochi (e forse qualche motivo c'è...).

Un contesto musicale come quello che abbiamo vissuto negli ultimi tre decenni, fatto di immagine più che di qualità musicali (abbiamo visto di tutto, dal boom dei video clip, a personaggi improbabili che spopolano grazie ai reality show), di investimenti delle "major" su ragazzi con la faccia da copertina (opportunità date spesso a chi non aveva alcun talento artistico... pensiamo ai Duran Duran), di elettronica che arriva a sostituire la musica suonata.
E' questo il contesto giusto in cui il talento può maturare, anche lavorando duramente, e dare vita a fenomeni musicali come i Beatles? Non so cosa ne pensi Malcolm Gladwell, ma leggendo gli ultimi tre decenni con le logiche esposte nel suo saggio, a me sembra proprio di no.

mercoledì 20 giugno 2012

Riposa in pace Robin

Due gemelli eterozigoti: Robin Gibb e suo Fratello Maurice, così diversi da non sembrare affatto gemelli, legati da un destino spietato perché colpiti entrambi dalla stessa brutta malattia, a carico del medesimo organo, come fosse scritta, programmata in un DNA così simile. Robin, quello dei tre Bee Gees che ha spopolato in Italia anche da solista, cantando "Juliet" (1983), ha combattuto fino a un mese fa, contro un tumore che alla fine lo ha ucciso, lo stesso male che nove anni prima aveva ucciso il fratello.

Dal 2003 i Bee Gees si sono ufficialmente sciolti. Dopo la morte di Maurice, Barry e Robin decisero di scrivere la parola fine per il trio, che senza il fratello non sarebbe più esistito. Oggi Barry, l'uomo che con il suo falsetto ha caratterizzato così tanto i successi targati Bee Gees, il fratello più grande, di età e di statura, è rimasto solo a testimoniare quello che questo grande trio ha fatto per la musica pop.
Nati sull'Isola di Man, i tre fratelli emigrarono da ragazzi in Australia, dove giovanissimi iniziarono la loro carriera. Emigrati di nuovo in Inghilterra, conoscono il successo planetario, scrivendo pagine grandiose della storia del pop, e creando un genere musicale come la disco music.

A un mese dalla sua scomparsa, ricordiamo Robin Hugh Gibb, nato nel 1949, con la sua musica, la sua e quella dei suoi fratelli / partner musicali: questo è un medley dal vivo, con tre voci splendidamente armonizzate, accompagnate dalla chitarra di Barry. Le canzoni eseguite dal vivo, in questi 12 minuti di grande musica, spaziano dai primi successi come "New York mining disaster" a "Too much heaven" (una loro hit melodica dei tempi della disco music), fino a due tra le tante canzoni composte dai tre fratelli per altri artisti: "Heartbreaker" (interpretata da Dionne Warwick) e "Islands in the stream" (del duo Kenny Rogers - Dolly Parton).
R.I.P: Robin.




sabato 19 maggio 2012

Cadillac Records

Ho già parlato di film che raccontano storie di musica, e sapevo che sarebbe stato solo il primo di una serie di post. Oggi infatti voglio parlare di un film stupendo, da vedere soprattutto se amate la grande musica nera.
"Cadillac Records" (2008) racconta la storia della Chess Records, leggendaria casa discografica americana, famosa per aver lanciato grandi personaggi del blues elettrico e del soul, e del suo fondatore Leonard Chess.
Nel 1947 Chess inizia la sua attività con la Aristocrat Records, di cui diventa ben presto proprietario, e ne cambia il nome in Chess Records nel 1950.

Capofila della Chess, e forse l'artista storicamente più importante di questa casa discografica insieme a Chuck Berry, è sicuramente quella leggenda di McKinley Morganfield, conosciuto come Muddy Waters (il padre del blues elettrico insieme a John Lee Hooker). Muddy è una delle più grandi personalità della musica del XX secolo, che con le sue creazioni ha ispirato moltissimi altri artisti nei decenni successivi (la sua canzone "Rolling Stone", solo per fare un esempio, ha ispirato un gruppo di ragazzi inglesi che l'hanno scelta come nome per la loro band).
Come la Tamla / Motown, nata un decennio dopo, la Chess Records è stata un incredibile incubatore di talenti e un catalizzatore di creatività musicale. Il film rappresenta in modo molto piacevole tutto questo, raccontando anche le vicende personali di artisti nella maggior parte dei casi dalla vita turbolenta, anche perché provenienti da classi sociali non proprio benestanti. Willy Dixon (la mente musicale di un sacco di produzioni della Chess e altra grande influenza per la musica delle generazioni future), Howlin Wolf, Little Walter e Etta James sono solo alcuni dei grandi della musica nera rappresentati in questo film.

Ma perché il titolo "Cadillac Records"? La leggenda dice che Chess avesse cominciato a vendere i dischi della sua casa discografica sul cofano della sua Cadillac. Le Cadillac inoltre appaiono nel film come compenso "in natura" che gli artisti ottengono da Chess quando i dischi hanno grande successo.
Il ruolo di Etta James, grandissimo personaggio della scuderia Chess Records (scomparsa recentemente), è interpretato da Beyoncé Knowles, questa è lei che canta "At last", devo ammettere che ho avuto i brividi quando ho visto questa scena.

lunedì 2 aprile 2012

Per fortuna che c'è ancora chi fa musica (pensieri a ruota libera dopo il concerto di Sergio Cammariere)


Questa domenica sera 1 aprile 2012 l'ho trascorsa assistendo, all'Auditorium di Roma, ad un concerto davvero bello, un momento di grande musica, la performance di Sergio Cammariere e della sua band.
Chi ama la musica, la buona musica Italiana, quella che quest'anno ha perso anche Lucio Dalla, quella che ci appare moribonda se sentiamo Emma Marrone che vince Sanremo strillando..., chi ama la grande musica italiana, per sentirla oggi la deve scovare nella giungla dei tanti personaggi assurdi e ricordarsi che, lontani dalla luce dei riflettori, esistono quelli come Cammariere.

A due ore dalla fine del concerto, a caldo, devo dire di aver sentito un autore maturo, del quale avevo già apprezzato alcuni dischi, che dal vivo ha espresso in modo forte tutta la sua preparazione e la varietà dei generi musicali che approccia: dal jazz (la presenza di Fabrizio Bosso alla tromba è stato uno dei punti di forza della serata), al blues ai ritmi latino americani, alla samba, fino ad incursioni nel tango. Una costruzione musicale, con spazio a larghi momenti di improvvisazione, nella quale non mi avrebbe sorpreso la presenza della chitarra di Santana, o del bandoneòn di Astor Piazzolla.

Cammariere è capace di raccontare storie, sentimenti, personaggi e vite, come nella migliore tradizione melodica italiana, con una vitalità e una preparazione musicale davvero di prim'ordine. Un momento speciale in un concerto davvero bello è stato quello dedicato all'interpretazione di alcuni brani del grande Bruno Martino, la cui moglie era presente in platea.
Speriamo che in Italia si dissolva la nebbia e che i "prodotti" musicali lascino di nuovo spazio agli artisti come Cammariere. Il video che ho scelto è la bella "Transamericana", tratta dal suo ultimo disco intitolato col suo nome di battesimo (di cui qui vedete la copertina), un brano in cui si sente la contaminazione sudamericana che percorre questo bellissimo lavoro. Bravo Sergio, continua così.



mercoledì 21 marzo 2012

Glenn Hughes: the voice of rock


Oggi voglio parlare di una voce veramente speciale, un artista inglese che ha militato in una delle band simbolo dell'Hard Rock mondiale e che a mio avviso rischia di essere dimenticato, perché ormai fuori dai grandi circuiti della promozione musicale. Questo artista è Glenn Hughes, arrivato al grande pubblico grazie alla sua militanza nei Deep Purple: un bassista/cantante talentuoso che ha portato un'impronta molto particolare nella produzione di questa band.
Stevie Wonder (suo grande amico) lo ha definito il più nero dei cantanti bianchi, e ha dichiarato che è il suo cantante bianco preferito. Da grande ammiratore sia di Wonder sia di Hughes non posso che riconoscere questa vicinanza stilistica e di feeling musicale.

Il suo arrivo nei Deep Purple, insieme allo sconosciuto David Coverdale (fortunatissimo quanto poco dotato cantante), a seguito dell'abbandono dei giganti Ian Gillan e Roger Glover, ha portato una vena di soul e di funky nella band che aveva nel granitico hard rock intriso di strutture classicheggianti il suo segno distintivo.
In più di un live il buon Glenn Hughes ha improvvisato brani di canzoni come "Georgia On My Mind" di Ray Charles, inserendoli in medley ai limiti dell'impossibile con classici come "Smoke On The Water".
Bassista e cantante di grandissime capacità in entrambi i ruoli (l'ingaggio di Coverdale come cantante si dice fosse stato imposto dai manager del gruppo solo per mantenere la formazione a 5) portò la grande band al suo secondo grande cambio stilistico, dopo quello storico dell'epoca di "Deep Purple In Rock" (1970).
I Deep Purple non sono solo "Smoke On The Water" e "Child In Time"..., sono una grande band che tra gli altri ha avuto, nelle sue tante formazioni (ad oggi sono 8, denominate "Mark"), un talento come Hughes, che ha ottenuto un riconoscimento molto inferiore di quanto meritasse il suo valore artistico. I dischi in cui è presente questo grande artista sono "Burn" e "Stormbringer" del 1974 e "Come Taste The Band" del 1975, consigliatissimi, come lo sono i vari "live" in cui è presente.

Glenn, come tanti altri personaggi del rock, è stato vittima di se stesso, delle sue debolezze e della sbornia di successo; queste cose lo hanno portato alla dipendenza pesante da sostanze stupefacenti e ad un periodo di buio non solo musicale. Fortunatamente negli anni ha reagito ed ha saputo trovare la forza che qualche suo compagno di viaggio (ad esempio il chitarrista americano Tommy Bolin, con cui aveva condiviso un periodo nei Deep Purple, morto di overdose giovanissimo nel 1976) non aveva trovato, ed ha scoperto una seconda giovinezza artistica, soprattutto a partire dagli anni '90.

Questo è lui che canta "This Time Around", un pezzo tratto dallo splendido "Come Taste The Band", della formazione Mark IV dei Purple, quella in cui Tommy Bolin aveva rimpiazzato Ritchie Blackmore alla chitarra (da notare, nella presentazione del brano, Glenn commette un errore e lo presenta come un pezzo della Mark III !!). Una versione spogliata di tutte le sonorità elettriche sontuose, hard rock, monumentali, una esecuzione spoglia, nuda, ma così vera. Questo è lui, davanti al pubblico con la sua voce e poco altro: buona visione.


domenica 4 marzo 2012

Lucio Dalla (4 marzo 1943 - 1 marzo 2012)


Scrivo con tanta tristezza questo post, per ricordare il grande Lucio Dalla che ci ha lasciati a tre giorni dal suo celeberrimo compleanno (la sua canzone "4 marzo 1943" è uno dei brani senza tempo della nostra tradizione musicale). Ma chi è stato Dalla musicalmente? un cantautore e un compositore tra i più liberi sia come pensiero, sia come approccio musicale (sempre fuori dagli schemi e dai "generi" musicali... suonava e improvvisava da jazzista e riusciva a fondere la modernità del pop e la libertà del jazz con gli schemi più classici della canzone italiana). Lucio era un uomo di grande sensibilità, che ha saputo raccontare alla sua maniera emozioni, pezzi di vita, personaggi (come Nuvolari e Caruso) e luoghi (come Milano e Piazza Grande) del nostro paese.
Un altro grande che ci lascia e che, come i vari Battisti, De André, Bindi, Lauzi (solo per citarne alcuni), lascia dietro di se un vuoto artistico che difficilmente gli attuali "big" della canzone nostrana riusciranno a colmare.

La sua attitudine a non prendersi mai sul serio, la sua libertà di spaziare tra i vari generi musicali (è arrivato persino a musicare la Tosca), le sue immense capacità di sperimentare e di duettare con chiunque, ne fanno un caso pressoché unico nel nostro panorama nazionale. C'è bisogno di andare in Inghilterra per trovare un personaggio come Reginald Kenneth Dwight che, con il nome d'arte di Elton John, esprime da oltre 40 anni uno stile fatto di autoironia, anticonformismo e capacità compositive, musicali ed esecutive paragonabile a quello del grande Lucio.
Le parole e la musica delle canzoni di Lucio rimarranno a lungo con noi, nella loro semplicità allo stesso tempo sofisticata: "Caro amico ti scrivo", "A modo mio, avrei bisogno di carezze anch'io", "se io fossi un angelo, non starei mai nelle processioni", come si fa a citarle tutte...

Questa è "Piazza Grande", la canzone in cui Lucio si racconta, un po' come la "My way" di Frank Sinatra. Buon compleanno, dovunque tu sia ora.

domenica 12 febbraio 2012

Addio Whitney

Stanotte è morta a soli 48 anni un'altra star il cui successo (sicuramente meritato, era una persona di grandi doti e grande talento) ha forse rappresentato un modo per non affrontare altri problemi della propria vita. Ci vuole poco a paragonare il caso di Whitney, morta per cause ancora non ben identificate, a quello di Michael Jackson, il cui decesso ancora è un caso lontano dall'essere completamente risolto (se mai lo sarà).
In entrambi questi casi, come in tanti altri, il grande successo arrivato da giovani (che porta all'overdose di soldi e fama) sicuramente annebbia, confonde e nasconde i propri problemi e le proprie fragilità.
Whitney Houston era da non poco tempo in lotta per uscire dalla droga e per dare un senso alla propria vita che, tra relazioni fallite e una parabola discendente sul piano artistico, sembrava essere davvero in salita.

Una delle sue canzoni più famose, "The greatest love of all", diceva "E' facile trovare il più grande amore del mondo / Imparare ad amare te stesso è il più grande amore del mondo", il testo di questa canzone mi è sempre sembrato autobiografico, anche quando esprimeva posizioni di forza e di fiducia in sé "Ho deciso molto tempo fa di non camminare all'ombra di qualcun altro / Se fallisco o se ho successo, alla fine ho vissuto come ho voluto". Ha vissuto come ha voluto la nostra Whitney e non all'ombra di altri personaggi (era la cugina di Dionne Warwick, ma la cosa non è stata mai di primo piano nel suo successo), ma gli ultimi difficili anni della sua vita forse ci hanno svelato che non aveva imparato del tutto ad amare sé stessa.

C'è una canzone di Whitney che, sia musicalmente, sia per atmosfera, è da anni la mia preferita: "Saving all my love for you". Questo è il video, che ci mostra una giovanissima e brillante Whitney, in un'interpretazione che rimarrà nella storia della musica.

domenica 15 gennaio 2012

Per non dimenticare il XX secolo... (i Tazenda e Andrea Parodi)

Un post, forse il primo che faccio su questo blog, dedicato ad una sola canzone. Da tempo pensavo di scrivere per ricordare quel grande personaggio che è Andrea Parodi, leader dei Tazenda (quelli del duetto Sanremese "Spunta la luna dal monte", con l'altro indimenticato Pierangelo Bertoli), figlio della Sardegna (anche se mezzo ligure) scomparso prematuramente qualche anno fa.
Un artista che coi suoi Tazenda e anche fuori da questo trio, nelle sue esperienze da solista e nelle sue escursioni in altre attività come la regia, ci ha regalato grandi pagine di arte, soprattutto di matrice sarda, ma non solo. Nella produzione musicale del trio ci sono gli strumenti e le canzoni della tradizione sarda (ricordo ad esempio la splendida "No potho reposare", una canzone in lingua logudorese dei primi del 900, presente in un disco di questo gruppo), insieme alle sonorità più moderne di matrice pop/rock, anche cantate in lingua italiana.
Andrea ha lasciato il mondo nel 2006, ucciso cinquantenne da una bruttissima malattia. Rimarrà sicuramente nella memoria per le sue composizioni e per la sua capacità e intensità interpretativa.

In questo 2012 non certo facile per questo mondo e per il nostro paese, mi piace riprendere una canzone: "Le danze del XX secolo", tratta dall'album "Fortza Paris" (1995) dei Tazenda. E' una canzone forse un po' dimenticata, un bellissimo ripasso di un secolo di storia italiana e non solo, scritto dal chitarrista del gruppo: Gino Marielli; una avvincente rappresentazione che pare composta da cantastorie dei tempi moderni, fatta di dieci "danze" che hanno lo stesso tema musicale, arrangiato però in modo diverso. E' del 1995, quindi non parla dei fenomeni dei cellulari e di internet, né della globalizzazione o della Cina, ma ci ricorda quante cose ha visto l'umanità nel secolo che ci siamo lasciati alle spalle oltre due lustri fa, cose da non dimenticare, soprattutto in momenti difficili come quelli che stiamo vivendo.

La sequenza delle immagini che accompagna la canzone, creata da un utente youtube, mi è piaciuta moltissimo e ho riportato il suo video. Buona visione e buon ascolto.

 
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