domenica 21 dicembre 2008

Natale, fantasmi e beneficenza (Band Aid & Co.)

Una delle pochissime cose natalizie che mi piacciono è il racconto "Il canto di Natale" di Charles Dickens, la vicenda del vecchio e avaro Scrooge (che vive da solo e non festeggia il Natale), nella quale appaiono i fantasmi del Natale passato, presente e futuro, che lo aiutano a vedere la vita (e non solo il Natale) in modo diverso.

Tutti quelli che hanno un po' più di venti anni... ricordano, o hanno sentito parlare, di "Do they know it's Christmas?" (1984), canzone natalizia della Band Aid, un super gruppo di artisti britannici tra i quali spiccavano personaggi come Sting, Paul Weller, Midge Ure e Bono Vox, riunitisi per iniziativa di Bob Geldof (un musicista Irlandese famoso soprattutto per essere il protagonista del film Pinkfloydiano "The Wall"), per portare aiuto alle popolazioni affamate dell'Africa (gli incassi del disco furono infatti devoluti in beneficenza).
A 24 anni dalla sua apparizione, questa canzone è diventata come il racconto di Dickens, una vera e propria icona natalizia (uno di quei video che si vedono sempre nel periodo di Natale, un po' come i film di Asterix).
Band Aid è stata inoltre la prima aggregazione di questo genere (ne sono state in seguito organizzate molte altre, per le più disparate cause, dall'aiuto alle popolazioni vittime di catastrofi, alla lotta contro l'Apartheid...).

Chi ricorda la Band Aid non può non ricordare anche la risposta Statunitense: USA for Africa, gente come Stevie Wonder, Tina Turner, Billy Joel, il "Boss" Bruce Springsteen (con la raucedine), Paul Simon, Diana Ross, Dionne Warwick, Willie Nelson, Al Jarreau, Steve Perry dei Journey, Huey Lewis e poi Bob Dylan, Ray Charles... che diretti in grande stile da Quincy Jones e capitanati da Michael Jackson, cantavano la strappalacrime "We are the world".

Visto che siamo in tema, mi piace citare anche Rock Aid Armenia, altro "mucchio selvaggio" di musicisti, riunitosi dopo un disastroso terremoto in Armenia, per cantare una frizzantissima cover di "Smoke on the water" dei Deep Purple.
A parte la scelta del brano (quello del riff più famoso della storia del rock), "Rock Aid Armenia" è la mia preferita tra le iniziative di questo genere, perché sono uno di parte; era infatti una reunion di personaggi rock, di quelli tosti: due Deep Purple (Gillan che è la voce originale del brano e Blackmore, la chitarra), Keith Emerson, Brian May e Roger Taylor dei Queen, Paul Rodgers (che oggi con questi due Queen ci va in tour), Ozzy e Tony Iommi dei Sabbath, Bruce Dickinson degli Iron Maiden, Dave Gilmour, etc...

Ma siccome siamo nel periodo natalizio torno alla Band Aid, per introdurre il videoclip dove ci sono tutta una serie di fantasmi degli anni '80 che, come nel "Canto di Natale", si presentano uno dopo l'altro... (gente come Paul Young, i Duran Duran, gli Spandau, Boy George e i Culture Club, le Bananarama... veri spettri del passato, roba da museo delle cere!). Buona visione.

giovedì 11 dicembre 2008

Una fenice rinata dalle ceneri degli Yardbirds (Led Zeppelin)

Poche band hanno fatto la storia del rock come i Led Zeppelin...
Pochi musicisti hanno suonato non dimenticando i maestri del passato e definendo gli stili del futuro come i Led Zeppelin...
In pochi casi nella storia del rock una band ha avuto individualità fortissime capaci di fondersi in un collettivo, creando una miscela micidiale come i Led Zeppelin.
Per tutte queste ragioni è difficilissimo scrivere qualcosa su di loro.

Tutti sanno (rifiuto di pensare che qualcuno non lo sappia) che i Led sono famosi per aver fatto i loro primi quattro album omonimi numerati: Led Zeppelin I, II, III e IV. Questi album, insieme al doppio "Phisical graffiti", che è uscito dopo qualche anno, sono prestigiose pagine della storia del rock e fanno parte della "preparazione di base" di un rockettaro D.O.C.
Tutti sanno (anche qui non accetto persone impreparate) che John ("Bonzo") Bonham è stato uno dei più grandi batteristi di sempre, che Jimmy Page è un pezzo di storia della chitarra, e così via per John Paul Jones al basso, fino alla voce unica del grande Robert Plant, che chiude il cerchio. Ecco un piccolo esempio per chi non avesse troppa memoria... ("Communication breakdown", da "Led Zeppelin I"...)



Forse non tutti sanno (qui qualcuno non preparato lo posso accettare) che i Led nascono, come l'araba fenice, dalle ceneri di un fantastico gruppo della seconda metà degli anni '60, in cui militò per breve tempo Jimmy Page: gli Yardbirds.
Gli Yardbirds sono citati in tutte le enciclopedie del rock come il gruppo che ha avuto nella sua lineup prima Eric Clapton, poi Jeff Beck, poi Page... Quest'ultimo, entrato poco prima del loro tramonto, si è perso i pezzi per strada ed ha cominciato a radunare intorno a se un po' di gente per onorare alcuni impegni presi dagli Yardbirds (il primo nome della nuova band, che già aveva la lineup dei Led, fu "New Yardbirds")... il resto è storia.

Eccovi una scena leggendaria del film "Blow Up" (1966 di M. Antonioni), dove per girare una scena di un concerto in un club, il maestro ha preso proprio gli Yardbirds, che si esibiscono in un rock 'n roll che suona già zeppeliniano. Il giovane e sorridente chitarrista, col caschettone di capelli e la giacca nera, inquadrato per primo, è Jimmy Page, l'altro (che poi distrugge la chitarra) è quell'altra leggenda che risponde al nome di Jeff Beck...


venerdì 14 novembre 2008

Classica e lirica... insieme al pop/rock? (il genio di Freddie)

La storia della musica è piena di incroci strani tra pop/rock e musica classica. E' possibile creare musica "transgenica" di questo tipo? Unire in maniera "sacrilega" il sacro col profano, si può?
Beh se parliamo della musica classica, di cose rock dall'approccio classicheggiante ce ne sono parecchie: l'organo Hammond di Jon Lord (Deep Purple) o quello di Keith Emerson (che con gli ELP ha riproposto opere di compositori come Musorgskij) e le acrobazie di Yngwie Malmsteen, che fa il Paganini con la chitarra elettrica (senza concludere molto, secondo me, a livello musicale), sono solo alcuni esempi.

Unire la musica "profana" con la lirica è impresa ancora più ardua, ma qualcuno ci ha provato. Il caso più famoso è quello del maestro (buon'anima) Pavarotti, che con i suoi "Pavarotti and friends" ha sicuramente perseguito scopi nobili e di beneficienza, ma musicalmente secondo me è stato uno scempio (il duetto di Pavarotti con i Deep Purple lo ricordo come una delle cose più ridicole che abbia mai visto).
Altro caso rappresentativo è Andrea Bocelli, che personalmente non apprezzo come interprete, come non apprezzo la musica che canta (trovo veramente kitch canzoni create per suonare come arie d'opera, tipo "Con te partirò").

Un esempio "buono", di perfetta integrazione tra pop e lirica però esiste. L'ingrediente pop di questa miscela si chiamava Freddie Mercury... il grandissimo, insieme a Montserrat Caballè (una delle più grandi soprano del mondo... in tutti i sensi...), ha creato qualcosa di irraggiungibile (nonostante la critica sia stata piuttosto severa), parliamo del disco "Barcelona" (1988). C'è poco altro da aggiungere, chi vuol sentire lirica, pop e rock in una sintesi sublime, non può che ascoltare questo disco.

Eccovi la stupenda "The golden boy" tratta proprio da "Barcelona". In questa esibizione live (in realtà è in playback), si vede un Freddie che farebbe scomparire dal palco chiunque e si ascolta qualcosa che è pop, è lirica, è gospel... insomma buon ascolto...

martedì 28 ottobre 2008

La Motown, e la sua anima musicale, i Funk Brothers

Ogni volta che vedo "Sister Act" rido a crepapelle quando il coro delle suore, diretto magistralmente da Suor Claretta (Woopy Goldberg), intona "My god", che è il rifacimento di "My guy", un classico della musica nera degli anni '60, una canzone che ha il marchio di fabbrica della casa editrice Motown (andate qui se volete un po' di storia).
La Motown non è solo una label discografica, ma è sempre stata (almeno fino agli anni '80) un modo di fare musica (musica "nera" nel 99% dei casi), con un sound veramente peculiare.

Mi sono sempre chiesto da dove nascesse questo sound particolare e riconoscibile (noto appunto come "Motown sound"), con le sue le sue linee di basso, i suoi arrangiamenti ricchi, le sue ritmiche funk... fino a che sono venuto a conoscenza dei Funk Brothers, una piccola comunità di musicisti (che faceva perno su alcuni personaggi chiave, tipo il bassista James Jamerson), che ha arrangiato e suonato tantissimi successi pubblicati da questa etichetta, caratterizzandone fortemente lo stile.
I Funk Brothers sono uno degli esempi di gente che sa arrangiare e suonare musica, con cuore, passione e competenza, ma che rimane nell'ombra, un po' come i tanti turnisti sconosciuti che suonano nei dischi delle star. Per la loro capacità di caratterizzare la musica, mi ricordano la sezione fiati dei Tower Of Power, che oltre alla produzione di questa band, ha suonato in decine di dischi di vari artisti famosi (Santana, Elton John, America, John Lee Hooker...).

Torniamo alla Motown, e agli artisti della "scuderia", che sono veramente tantissimi (Stevie Wonder, Marvin Gaye, The Jackson 5, The Commodores, Smokey Robinson, solo per citarne alcuni). Il mio consiglio, per sentire il Motown Sound in azione, è di pescare qualche raccolta, magari contenente canzoni di personaggi quasi dimenticati accanto a pezzi famosissimi.
Sempre in tema di dischi da ascoltare, consiglio "Standing in the shadows of Motown", dei Funk Brothers , una raccolta live di grandi successi della Motown (disco del 2002, con ospiti d'eccezione, che è anche la colonna sonora di un film-documentario celebrativo dell'attività dei F.B.).

Eccovi un mini juke box targato Motown:
- Martha Reeves & The Vandellas - "Heat wave"
- Mary Wells - "My guy" (proprio quella del film...)
- Marvin Gaye - "I heard it trough the grapevine"
- Stevie Wonder - "Signed, Sealed, delivered"


lunedì 13 ottobre 2008

Napoli, il blues, i ritmi mediterranei, il jazz, la musica latino americana... (Pino Daniele)

E' come la Juve, o lo ami o lo odi, non ci sono vie di mezzo! Conosco poche persone che hanno sentimenti moderati verso Pino Daniele. Alcuni amano la sua musica, ne sono appassionati, altri solo a sentirne la voce vomitano... odiano qualunque cosa provenga da lui.

Comincio col dire che di Pino Daniele io sono un grande appassionato, soprattutto della prima produzione. Lui è stato uno dei pochi musicisti italiani ad aver reso concreto il concetto di "fusion", visto come contaminazione di generi musicali.
I primi dischi di questo grande artista (la sua carriera solista è iniziata nel 1977, dopo aver suonato in un sacco di altre situazioni) sono la parte assolutamente imperdibile della sua discografia: "Terra Mia", "Pino Daniele", "Nero a metà", "Vai mò" e "Bella 'mbriana" (a cui non si può non aggiungere il live "Sciò"), contengono tutti quei brani divenuti veri e propri classici: "Napule è", "Je so pazz'", "A me me piace 'o blues"... grande musica suonata da musicisti di prim'ordine (nel disco Bella 'Mbriana del 1982, oltre ai soliti Tullio De Piscopo alla batteria, Rino Zurzolo al basso e Tony Esposito alle percussioni, è presente un certo Wayne Shorter, sax di alcuni dischi di John Coltrane e Miles Davis...).

Una decina di anni fa regalai ad una ragazza americana (una persona per me importante) una copia di "Bella 'mbriana", lei mi chiese perché glielo avessi regalato, dato che non capiva l'italiano, le risposi che la maggior parte degli italiani ci capiva pochissimo in quel disco... e le dissi di ascoltarlo e basta! L'importante è sentire quello che la musica ti trasmette, proprio questo è il punto con Pino Daniele. Il mio consiglio è di prendere la sua voce come uno strumento, come quando si ascolta uno scat in ambito Jazzistico. Aggiungo che, anche se poco comprensibili per i non partenopei, alcuni testi di questo artista sono tutt'altro che trascurabili.

Eccovi "Viento 'e terra", un pezzo dell'epoca d'oro, con un Pino vestito da Masaniello circondato dalla band storica.

domenica 5 ottobre 2008

Chiaro, breve e conciso: il riff

Il rock, quello "tosto", è caratterizzato dalla presenza dei riff. Non bisogna essere dei tecnici o dei musicofili incalliti per riconoscerlo un riff, che di solito è una frase musicale caratteristica, riconoscibile, breve (nel rock suonata dalla chitarra!). I Deep Purple, i Rolling Stones, i Led Zeppelin, gli AC/DC, i Black Sabbath (ma anche i Beatles di cose come "Day tripper", "I feel fine" o "Helter skelter") sono esempi di gruppi che hanno portato al successo canzoni molto caratterizzate dai riff.
Quante volte abbiamo una canzone pop/rock in testa e non ne ricordiamo il titolo? Cosa facciamo in questi frangenti? chiediamo a qualcuno se ricorda quel pezzo che fa... (e lo canticchiamo). Cosa canticchiamo? se è un pezzo rock tendiamo ad imitare il riff, proprio perché è la parte più caratteristica e riconoscibile, se invece intoniamo una musica, un ritornello, una melodia vuol dire che è una canzone "non rock".

Il riff è spesso più ricordato del titolo e dell'interprete di alcuni brani ("Smoke on the water" dei Deep Purple è tra le canzoni più conosciute al mondo, essenzialmente per il suo riff).
Un riff è una cosa ruvida, selvaggia, un "aforisma" musicale che difficilmente si dimentica, una zampata sonora, un'orma ritmica che rimane impressa nella mente di chi la ascolta. Se il rock è istinto, libertà, voglia di esprimersi fuori dalle righe, beh il riff è il tatuaggio che molti brani rock ti sbattono in faccia senza tanti complimenti.

Siccome l'ascolto, in questi casi, conta più di 100 pagine scritte, eccovi una piccola storia del riff suonata da Steve Morse (attuale chitarrista dei Deep Purple, uno dei più grandi su questo pianeta con la sei corde), che in questo live si diverte a suonare alcuni riff di brani che sono autentici classici (dei Kinks, Jimi Hendrix, Led Zeppelin, etc.). Ovviamente il tutto è un'introduzione per la canzone con il riff più riff di tutti... buona visione!

lunedì 29 settembre 2008

Oggi, 29 settembre... Lucio Battisti (dal 1969 al 1980)

Poco tempo fa, facendo una pausa caffè/musicale col mio amico Maurizio (cantautore schietto e sincero, lo trovate qui), si parlava di come gli artisti si evolvono, cambiano, hanno il coraggio (gli artisti veri) di non copiare se stessi ma di andare avanti. A un certo punto ci è "ritornato in mente" un certo Lucio Battisti...

Lucio Battisti, uno che il suo personalissimo percorso musicale l'ha fatto integrando un sacco di cose. Nella sua musica ci ho sempre trovato tutto: dalla canzone d'autore alla fusion, dal pop rock più raffinato al folk "di campagna", dalla psichedelia, al funk, al rock, alla dance, alla musica latina (forse ho le allucinazioni musicali come i casi clinici del libro "Musicofilia" di O. Sacks?!).
Lui era uno che la musica ce l'aveva dentro, e ha avuto la forza di farla uscir fuori in mille modi e momenti diversi, disco dopo disco, suonando una chitarra acustica o incidendo dischi in America piuttosto che in Inghilterra.
E' del Battisti fino al 1980 che ritengo sia importante parlare, di un artista che dal suo esordio "Lucio Battisti" (1969), percorre le tante storie scritte dal grande Giulio Rapetti (meglio conosciuto come Mogol), con la sua voce e il suo genio musicale, fino ad arrivare a "Una giornata uggiosa" (1980).

A chi non conosce Battisti (non ho idea di chi possa essere), consiglierei proprio l'ascolto di questi due dischi, il punto d'inizio (dove c'è il brano che mi ha fatto pubblicare oggi questo post...) e quello di arrivo di questo percorso.
Quali sono gli ingredienti della sua musica? Una voce unica (nel bene e nel male), armonie coraggiose, la parte musicale sempre innovativa e testi semplici ma profondi, sicuramente diversi da quelli dei successi attuali, che toccano i nostri cuori con perle come "tu che sei il mio grande amore ed il mio amore grande" ("il bambino non si impegna" si direbbe ai genitori di un alunno svogliato...).

Un disco di Battisti che mi sento di consigliare a tutti è proprio quello di chiusura del sodalizio Battisti-Mogol, il già citato "Una giornata uggiosa", che secondo me a livello musicale è uno dei punti più alti della produzione di questo grande artista.
Un disco musicalmente "anglosassone" (si sentono gli echi dei viaggi di Lucio negli Usa e UK ), inciso in Inghilterra, prodotto da un inglese (come il disco precedente "Una donna per amico"), con la partecipazione di grandissimi musicisti britannici, tra i quali Phil Palmer alle chitarre (musicista che vanta collaborazioni con personaggi del calibro di Dire Straits, Eric Clapton e molti altri).

Questa è "Gelosa cara", ovviamente da "Una giornata uggiosa", un pezzo in pieno stile Battisti con un arrangiamento che io trovo essenziale quanto innovativo. Buon 29 settembre a tutti.

mercoledì 24 settembre 2008

A proposito di donne nel Rock... (Heart)

Gli Heart sono un gran bel gruppo, capitanato dalle mitiche sorelle Ann e Nancy Wilson, due americane trapiantate in Canada che hanno impresso il loro marchio sulla musica di questa band appena sono entrate a farne parte.
E' vero che nel vasto panorama di "giganti" del Rock degli anni '70, gli Heart sono come una squadra di serie D (esiste la serie D?) che gioca contro Milan, Juve, Inter, Roma, etc., ma dagli anni '80 in poi (con la caduta verticale della qualità delle produzioni musicali) son diventati, e meritatamente, un gruppo di serie A!
A occhio sembrano un po' una versione Rock degli Abba, con queste due belle ragazze in mostra sulle foto e sulle copertine dei dischi (per giunta una mora e una bionda, tipo le veline!), ma al di là della bella presenza delle Wilson sisters, sto gruppo ne ha fatte veramente delle belle musicalmente. Hanno lanciato brani di atmosfera, bellissime melodie e pezzi rock anche tosti, cantati (soprattutto da Ann) con la forza e dolcezza che solo il rock quello sincero riesce a trasmettere.
"Crazy on you", "Seasons", "Alone", "Magic man", "Straight on", "Barracuda", "These dreams" e anche la famosa "All I wanna do is make love to you" sono pezzi veramente da ascoltare. E poi c'è da dire che 'ste due signore ormai cinquantenni tengono il palco veramente come pochi! Ann con la sua voce, che a me ha sempre trasferito inquietudine, tensione e passionalità, e Nancy che vocalmente è più dolce e melodica ,ma che suona la chitarra come Jimmy Page!

"The road home" (1995) è il disco che consiglio a tutti, un live recente, tutto acustico (una rassegna dei loro brani più belli) prodotto nientepopodimeno che da John Paul Jones (si proprio lui, il bassista dei Led Zeppelin) che ci suona anche nel disco...
A proposito... ecco le sorelle Wilson dal vivo in questa "Alone", una performance acustica fatta "soltanto" dalle loro voci e dalla chitarra di Nancy...

martedì 16 settembre 2008

Addio Richard...

Richard Wright (28 lug 1943) si è spento poche ore fa. Un tastierista che insieme ad una manciata di altri musicisti: Syd Barrett (anche lui scomparso, qualche anno fa), Roger Waters, Nick Mason e David Gilmour, ha creato qualcosa di unico ed irripetibile nella storia della musica.
E' superfluo scrivere il nome di questo gruppo, o citarne i cambi di formazione, la musica da loro creata non ha bisogno di esser messa nero su bianco, è arte fuori dal tempo, fuori dalle convenzioni e fuori (come tutta la grande musica) dai "generi" musicali.

In onore di Rick (e mi sento di aggiungerci anche il mai dimenticato Syd, chissà se da qualche parte si sono ritrovati...) voglio citare alcune opere che si intitolano "The piper at the gates of dawn", "Ummagumma", "Atom earth mother"... e poi "Meddle", "The dark side of the moon", "Wish you were here", "Animals", "The wall"... credo ci sia poco altro da dire. Nessuno di questi dischi è uguale o suona simile ad un altro, precedente o successivo, eppure il modo di fare musica di questa band è inconfondibile.
E' rock? si, forse, è progressive? boh.. E' musica psichedelica? Chiamatela come volete, questa musica, quest'arte ha solo un genere, una definizione, un nome... Pink Floyd.

Ecco "Comfortably numb", un brano del film "The Wall", grazie Richard di aver contribuito a tutto questo.

martedì 9 settembre 2008

Anni '80, il metal con la messa in piega! (make up, machismo, donne e ballate)

Ragazzi che periodo gli anni '80, un decennio a dir poco bizzarro per la musica, in cui bastava seguire qualche accorgimento, di immagine (trucchi e capelli cotonati) e musicale (le tastiere con quei suoni abbastanza standard, le batterie elettroniche, etc.) per diventare star! Anche per il metal, una certa parte del metal, è stato così; la ricetta era semplice:

1) angeli con la faccia sporca (bei ragazzi, un po' maledetti, spesso truccatissimi...)
2) capelli e vestiti esagerati
3) machismo e video pieni di belle ragazze.. (tanto che anche i ZZ Top, gruppone mitico degli anni '70, negli anni '80 ha cominciato a sparar canzoni che erano solo colonne sonore di video con bellissime signorine...)
4) ballate strappacuore (quelle che tutti i chitarristi in erba cercavano di imparare per colpire la preda di turno, io ne so qualcosa!)

Anche prima degli "eighties" il Rock aveva avuto personaggi dagli atteggiamenti eccessivi, ma è negli anni '80 che una serie di gruppi cresciuti sulle orme (musicali e di immagine) dei Van Halen, ha iniziato ad applicare la "ricetta" riportata qui sopra in maniera sistematica.
Non voglio dire che i contenuti musicali non ci fossero, in parecchi casi stiamo parlando di gente che suonava anche bene e che ha lasciato brani bellissimi ai posteri. Un po' di nomi per rinfrescare la memoria? I Motley Crue (capofila della scena di Los Angeles, quelli del marito di Pamela Anderson, che infuriavano con "Girls, girls, girls"), i Poison (quelli di "Every rose has its thorn", gli Skid Row (della splendida "I remember you", quanti ricordi...), i Cinderella ("Long cold winter" un bel brano che ha un'intro che assomiglia a quello di "Shine on you crazy diamond" dei Pink Floyd) e molti altri ... insomma quasi sempre bei ragazzi, con eserciti di fan assatanate che impazzivano per loro (stile Duran Duran...), gente che picchiava duro, e che al momento giusto sapeva tirar fuori le ballate del genere "duri dal cuore tenero".

La ballata, o "rock ballad", ha anch'essa i suoi ingredienti, per prepararne una a regola d'arte, mescolare in dosi adeguate quanto segue:
- il tema (amore tormentato, delusioni d'amore, sofferenze d'amore...)
- la chitarra acustica (o comunque l'arpeggio o la chitarra ritmica più soft)
- l'assolo elettrico (perché il brivido metal ci deve essere...)

Provare per credere, questa è "I remember you", degli Skid Row (il cantante, con un nome che è tutto un programma... Sebastian Bach e il chitarrista Dave "The Snake" Sabo alla fine non demeritavano...), buona visione.

venerdì 5 settembre 2008

Mimì, Freddie & Co. ... gli interpreti con la "I" maiuscola

Son passati già tanti anni dalla morte di Mimì Bertè, meglio conosciuta come Mia Martini. Stamattina, mentre ancora assonnato viaggiavo in auto verso l'ufficio, su RadioRock ho ascoltato una versione live di "Almeno tu nell'universo" un bella canzone di Bruno Lauzi che cantata da Mimì, e solo per quello, è divenuta un capolavoro.
Quante cose trasmette quella voce, soprattutto in una registrazione in presa diretta, quanta sofferenza, rabbia, intensità si sentono in questo brano dal vivo. Per una volta non vado contro corrente, e mi allineo all'accostamento fatto da tutti con la grande Janis Joplin , sia per la voce, sia per il tipo di interpretazione piena di emozioni (per chi canta e per chi ascolta...).

Cos'altro dire sulla grande Mimì? Lei fa parte degli interpreti con la "I" maiuscola, le canzoni cantate da lei diventano successi e dopo di lei chi prova a ricantarle (...). Con tutto il rispetto per un'altra artista, avete mai ascoltato "Almeno tu nell'universo" cantata da Elisa? Qualcuno se la ricorda? Secondo me no e così "Piccolo uomo" o "Minuetto"... non credo siano canzoni facili da interpretare per nessuno.
Per fare un altro esempio, I Queen (che sono "morti" con Freddie Mercury perché la sua capacità di performer è inarrivabile), che adesso girano il mondo in tournee con Paul Rodgers (una vecchia gloria del Rock, il cantante dei Free di "All right now"), un cantante con un timbro di voce neanche lontano parente di quello del grande Freddie (secondo me è per questo che han scelto lui, per evitare confronti). Il risultato, secondo il mio parere, è che le canzoni dei Queen, nei concerti di questo periodo, sono bella musica e basta.

La classe non è acqua, ci sono interpreti che per talento, voce, personalità, fanno si che alcune canzoni, che sarebbero solo belle, diventino capolavori.
Mai sentita "Oggi sono io" di Britti cantata da una certa Mina Anna Mazzini?... è un'altra canzone, chissà se Alex la canta ancora dopo questa interpretazione...

martedì 2 settembre 2008

Dai Black Sabbath agli Osbournes... passando per un chitarrista formidabile (Randy Rhoads, uno da non dimenticare)

Randy Rhoads è un nome che probabilmente dice poco o nulla alla maggior parte delle persone. Sono sicuro però che ci sono un po' di appassionati di Rock, soprattutto di "metal" che questo nome lo ricordano, o comunque ne hanno sentito parlare.

Ozzy Osbourne, beh, lui lo conoscono tutti, anche quelli che ascoltano Tiziano Ferro, per il suo glorioso passato nei Black Sabbath o ahimè... per il suo presente nel reality "The Osbournes" di MTV.
Nel mezzo del cammin che va dai Sabbath agli Osbournes, nei primi anni '80 (epoca in cui i grandi brutti e cattivi del rock erano al tramonto e i belli e buoni alla Duran Duran iniziavano a furoreggiare), Ozzy inizia la sua carriera solista (dopo la separazione dai Sabbath) con un gruppo di musicisti tra i quali spicca alla chitarra un ragazzo poco più che ventenne: Randy Rhoads. Ozzy ha sempre avuto fiuto per i musicisti bravi, e strappò questo ragazzino ai Quiet Riot (Randy figura nei primi due dischi della band) facendone maturare tutto il talento.

Randy Rhoads nella sua purtroppo breve carriera (morì nel 1982, a 26 anni in circostanze a dir poco rocambolesche, proprio durante un tour con Ozzy) ha regalato al mondo grandi pagine di musica, scritte nei dischi (due più uno postumo) prodotti con Ozzy: "Blizzard of Ozz", "Diary of a Madman" e "Tribute" (del 1987, un live dove si sente il grandissimo sound di Randy dal vivo).

Randy Rhoads secondo me suonava già come tutti i velocisti ultramoderni (primo fra tutti il "capostipite" Eddie Van Halen, con il quale viene sempre messo a confronto) ma conservava il feeling e la passione dei chitarristi dei '70, insomma un binomio tecnica-ispirazione genuina, difficile da trovare.

Cercate di non fare caso alle pose da macho e alla messa in piega del bassista e guardate questo filmato, uno dei pochi con RR. Si tratta di una specie di soundcheck, nel quale il feeling e il modo di suonare di Randy escono fuori alla grande (mentre Ozzy non je la poteva fa... secondo me era un po' bevuto).

sabato 30 agosto 2008

Da Spazio Libero a CSI, quando la TV promuove il rock... (The Who)

Non seguo un telefilm dall'epoca di Starsky & Hutch, di Selvaggio West e delle Charlie's Angels e imbattermi anche solo nelle sigle o negli shorts pubblicitari dei telefilm di solito mi fa venire l'orticaria. I telefilm non mi piacciono, o meglio non mi piacciono più, tranne qualcosa di brillante, anzi comico, quello forse ancora ce la farei a vederlo (avendoci il tempo...).

Negli ultimi tempi riflettevo però su quanta gente può essere "illuminata" da un telefilm, e su quanto questi serial possono far conoscere tante cose buone agli spettatori (soprattutto ai più giovani).
Un esempio su tutti: CSI che (ho imparato da mia sorella) è diviso in tre serie indipendenti, una ambientata a Las Vegas, una a Miami, l'altra a New York. Bene, queste tre serie hanno tre sigle che sono rispettivamente: "Who are you", "Won't Get Fooled Again" e "Baba O'Riley" degli Who, uno dei più grandi gruppi della storia del Rock.
Sono sicuro che, essendo questi telefilm roba che tratta di investigazioni, la prima sigla sia stata scelta perché coerente col tema delle indagini (Who are you, cioè "Chi sei?", tratta dall'album omonimo del 1978), mentre le altre due... beh i produttori sono rimasti sull'onda Who e hanno inserito due grossi successi dello stesso gruppo, tratti entrambi dal mitico album "Who's next" (1971), tra le migliori produzioni della band britannica.

Cosa dire? è brutto per i cultori del jazz-rock sentirsi dire che Birdland dei Weather Report è la musica dello spot della "Milano da bere", ma forse grazie a quella pubblicità, qualcuno ha conosciuto questo grande gruppo. Allo stesso modo spero che qualcuno, incuriosito da una delle sigle di CSI, si vada a sentire un album degli Who, uno dei gruppi che di più hanno condizionato la scena Rock britannica e mondiale tra gli anni '60 e i '70.
Gli Who sono stati (e sono ancora) una band indimenticabile, esplosiva nelle performance live, che tra le altre cose ha scritto l'immensa opera Rock "Tommy", imperdibile, anche nella sua versione cinematografica (tra gli interpreti del film ci sono Jack Nicholson, Oliver Reed, e oltre agli stessi Who, anche personaggi come Tina Turner, Eric Clapton ed Elton John).

Due parole sui componenti degli Who: qualcuno ricorderà Pete Townsend (chitarrista e voce) più per il caso di pedopornografia in cui era stato coinvolto che non come musicista, poi ci sta Roger Daltrey (voce della band e protagonista del film Tommy), un animale da palcoscenico, e poi c'erano Keith Moon (scomparso nel 1978 uno dei più grandi batteristi di sempre) e John Entwistle (basso, anche lui scomparso, nel 2002).

E ora un po' di outing... confesso a tutti che il primo brano degli Who che io abbia mai ascoltato era la sigla di una trasmissione Rai: "Spazio Libero - programmi dell'accesso" (roba quasi preistorica, i più vecchi se la ricorderanno... è nel filmato qui sotto) che è praticamente un pezzetto dell'Overture dell'opera Rock "Tommy"... e poi vai a parlar male della TV!

martedì 26 agosto 2008

Cieco, nero e povero, cos'altro occorre per diventare un genio assoluto della musica?

Confesso che l'amore per Stevie Wonder è legato ad occasioni particolari della mia vita: non a una, ma ben due storie con donne veramente speciali.

Fatta la doverosa premessa, e spiegata la ragione per la quale non potrò che amare la musica del grande Stevie per sempre, scrivo anche due o tre motivazioni di carattere musicale...
“Molti anni fa erano in molti a dirmi – Tu hai tre mattoni che pesano contro di te, sei nero, sei cieco e sei anche povero. – Ma Dio mi disse: - Ti donerò l’ispirazione per ispirare il prossimo ed incoraggiarlo verso positività e speranza. Ho creduto a Dio e non a loro”. Questo ha detto il grande Stevie quando è stato insignito della laurea ad honorem riconosciutagli in Alabama.
Questo nero, di famiglia povera, cieco praticamente dalla nascita, ha regalato al mondo momenti di musica eccelsi, direi imperdibili. Una carriera iniziata quando era un bambino capace di suonare diversi strumenti, proseguita diventando un musicista virtuoso che con la sua musica e la sua voce (un dono di natura) ha fatto da colonna sonora a decenni di vita di un sacco di persone nel mondo.

Siccome sono polemico ed anti-anni 80 dirò subito che non è lo Stevie Wonder di "Just Called to say I love you" quello di cui sto parlando. Non mi riferisco all'artista famoso che col suo talento immenso costruisce melodie su richiesta (un po' come fanno spesso altri grandi come Phil Collins o Eric Clapton..), ma piuttosto il musicista cieco che intitola un disco dei primi anni 70, che forse è l'apice della sua carriera musicale, "Visioni interiori" (Innervisions, 1973) o il musicista maturo e ispirato che con un disco riesce a deliziare gli amanti del soul, del blues, del rock, del jazz, della samba, del funk.. , intitolandolo "Canzoni nella tonalità della vita" (Songs in the key of life, 1976), un titolo che sintetizza magicamente tutte le influenze, gli stati d'animo, la fede, l'amore, l'"africanità", l'impegno civile che ci sono dentro le splendide melodie che compongono quest'opera.

Ho citato questi due dischi perché insieme a "Talking Book" del 1972, rappresentano il momento più bello e più creativo di questo artista da alcuni nominato solo come uno dei tanti dell'affollata scuderia Motown (da cui, per carità, sono usciti altri grandissimi interpreti, da Marvin Gaye alle Supremes di Diana Ross a Smokey Robinson... ma Stevie sta due spanne sopra!).

In questo video si vede una musica che trascina, che unisce, che crea il feeling tra i musicisti, una musica bella da suonare come lo è da ascoltare. Date un'occhiata, è "Sir Duke", dall'album "Songs in the key of life".

giovedì 21 agosto 2008

Iniziamo a scrivere qualcosa (forse Celentano aveva ragione?)

Chiedere a qualcuno "che musica ascolti?" è cosa tutt'altro che semplice, è difficile come scrivere il primo post di un nuovo blog!
Per una serie di convenzioni, di "etichette", quando si formula questa domanda la risposta è pressoché obbligata, è un "genere" musicale: rock, dance, pop, jazz, italiana (è diventata anch'essa un genere, come se Gigi D'alessio e Fabrizio De Andrè avessero qualcosa in comune... sigh..), house, electro pop, etc. Siamo in uno di quei casi in cui la domanda contiene già la risposta. Moltissime persone (non tutte per fortuna) hanno adottato alcune terminologie per catalogare la musica e ne fanno sfoggio. Apprezzo l'onestà delle persone che a questa fatidica domanda rispondono "ascolto un po' di tutto" perché credo sia quello che facciamo più o meno tutti, e da questo tutto tiriamo fuori le cose che ci piacciono.

La musica è un'arte e nel rapporto con quest'arte ognuno di noi fa le proprie scelte. Consapevoli di essere persone e quindi entità influenzabili anche se autonome, nella musica facciamo scelte: razionali ed emotive, di testa e di cuore, ci innamoriamo del bel (o della bella) cantante e ne facciamo il nostro idolo, ci schieriamo politicamente... insomma ognuno di noi costruisce un proprio modo di vivere quest'arte stupenda e questo modo non è assolutamente classificabile in un genere.
Ricordate la trasmissione Rokpolitik condotta da Adriano Celentano qualche anno or sono? Il molleggiato aprì le danze dividendo il mondo in due categorie: "rock" e "lento", inserendo nella prima categoria tutte le cose a suo avviso positive, e nell'altra quelle negative. Beh, secondo me quello è stato un esempio eccellente di quello che tutti noi facciamo nella nostra vita, e quindi anche con la musica. Ho aperto questo blog proprio per parlare delle canzoni, dei dischi, degli interpreti, che per me sono "rock".

Dedico questo primo post ai miei amici ai quali rompo i timpani (e non solo quelli!) parlando di musica.
 
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