lunedì 2 marzo 2009

2 marzo 2009, un anniversario: Jeff Healey

Ho avuto la brutta notizia della morte di Jeff Healey qualche mese dopo il 2 marzo del 2008, ed è stata una notizia triste, perché si trattava, oltre che di un grande musicista, di un uomo di soli 42 anni, morto di un brutto male, lo stesso male che da bambino lo aveva reso cieco.
Oggi a un anno esatto dalla sua scomparsa voglio ricordarlo. Jeff era canadese, e aveva il blues nelle vene.
Cantante e chitarrista che rimarrà nell'immaginario di molti sia per la sua cecità, sia per il suo modo di suonare la chitarra da seduto, tenendola appoggiata sulle ginocchia, aveva iniziato come ragazzo prodigio, esordendo giovanissimo e incrociando la chitarra sul palco con gente del calibro di Stevie Ray Vaughan...

Ho avuto la fortuna di vederlo in concerto, insieme a 2-3 amici, nel 1995, in uno di quei piccoli club dove spesso suonano i musicisti bravi.
Ricordo questo concerto come uno dei più belli e veri della mia vita, ho assistito alla performance di un ragazzo che suonava il blues e il rock con gioia, grinta e passione. Tra l'altro il concerto era per promuovere il suo album "Cover to cover" appena uscito (una raccolta di cover di brani tratti dal repertorio di gente come Hendrix, Led Zeppelin e altri grandi del rock) e lui e la sua band si esibirono in una carrellata di classici a dir poco esaltante.

Solo recentemente ho scoperto che negli ultimi anni aveva iniziato a percorrere nuovi percorsi musicali, verso il jazz, e iniziato a fare musica suonando la tromba oltre che la sei corde (dischi come "Adventures in Jazzland", del 2004, lo testimoniano). Cos'altro dire? Credo sia uno da ascoltare e credo anche che rimarrà nell'olimpo dei grandi chitarristi per il suo stile unico.
La sua discografia va dal 1988 al 2008 (l'ultimo album è uscito poco dopo la sua morte), pescate qualcosa e ascoltatela, magari partendo proprio da "Cover to Cover".

Sentite e guardate Jeff come suona in questo filmato del 1995 (con la band che ho avuto la fortuna di vedere proprio in quell'anno) la cover di "Stuck in the middle", un pezzo anni '70 degli Stealers Wheel.

mercoledì 11 febbraio 2009

La seconda giovinezza del rock and roll e dello swing (Brian Setzer)

Un musicista che apprezzo da anni, perché mi diverte e mi coinvolge con la sua musica, è Brian Setzer, un chitarrista/cantante americano arrivato al successo nei primi anni 80 come leader degli Stray Cats.
Nell'epoca del post punk e dell'inizio delle band col make up e i capelli cotonati, gli Stray Cats erano un gruppo piuttosto insolito (un trio: chitarra, batteria e contrabbasso), che rileggeva in chiave moderna e metropolitana il genere rockabilly. Ricordo di aver scoperto la loro musica nel 1982, ascoltando una compilation di Sanremo... (lo stesso Sanremo di Frate Cionfoli... clamoroso!).
Negli anni '90, l'avventura di questo gruppo finisce, ma continua il percorso di Brian, che crea un'orchestra, o meglio una big band sullo stile di quelle degli anni '40 e comincia a sfornare bellissimi dischi da studio e dal vivo.

Le doti di Brian Setzer non si riesce ad elencarle in poche righe, lui fa parte della categoria dei "guitar hero", suona rock and roll e rockabilly rileggendoli in chiave moderna (con un sound che è rock ma allo stesso tempo jazz), un musicista che si trova a suo agio in un trio ma anche come leader di una big band che pare arrivata con la macchina del tempo dall'era dello swing.
Trovo che sia veramente un musicista pieno di gusto e di feeling, uno che sa scrivere, arrangiare ed eseguire magistralmente la musica, e dal punto di vista scenografico è veramente un animale da palcoscenico!
E' un chitarrista con il gusto dell'assolo, quell'assolo che è melodia e completamento di un'atmosfera musicale e non sterile esibizione di inutili virtuosismi (quanti chitarristi dovrebbero seguire il suo esempio...); è uno che canta sorridendo e facendo battute con il pubblico, perché si vede che è lì per loro.

Mi sento di consigliare un bell'album: "Guitar Slinger" (1996), dove la Brian Setzer Orchestra propone brani inediti insieme a veri propri classici, da "Town without pity" di Gene Pitney, a "The house is rocking" del grandissimo Stevie Ray Vaughan.
Eccovi un saggio della bravura di Setzer e della sua Orchestra: "Stray cat strut", un classico dell'epoca Stray Cats che suona molto anni '50, il cui assolo è stato nominato tra i 100 più grandi assoli di chitarra dalla prestigiosa rivista americana Guitar World.

lunedì 12 gennaio 2009

Scuola di chitarra elettrica in un disco dedicato a Jimi (Paul Gilbert)

Oggi voglio parlare di uno dei dischi più belli che io abbia mai ascoltato, chitarristicamente parlando: Paul Gilbert - Tribute to Jimi Hendrix.
Lessi la prima recensione di questo disco nel periodo in cui mi nutrivo di riviste chitarristiche (credo su "Chitarre".. chissà se ancora la pubblicano?), era una recensione che parlava di qualcosa di unico, anche per la vicenda che c'è dietro questo live, registrato al festival Jazz di Francoforte.
Sembra che Gilbert, a quel festival, dovesse duettare con il grande Albert Collins (leggenda del blues), il quale non poté partecipare alla manifestazione. Gli fu allora chiesto di riempire 50 minuti di show da solo, suonando brani di Jimi Hendrix, e siccome lui ne ricordava solo cinque a memoria, decise di suonarli (tra l'altro accompagnato da musicisti con cui non aveva mai suonato) allungandone la durata con una serie di improvvisazioni alla chitarra.

Il risultato è un grandissimo disco, che si apre con una versione di "Red House" (uno dei leggendari blues del grande Jimi) che fa accapponare la pelle, caratterizzata da un assolo della durata di oltre 5 minuti, che è una vera e propria rassegna di tecniche di chitarra...
Tra le altre leggende che accompagnano questo disco, ho sentito parlare anche di quella riguardante il pubblico, pronto a fischiare l'esibizione di questo "metallaro" (Gilbert nasce come chitarrista di un gruppo hard rock: i Mister Big) ad un festival jazz... ma la reazione di un pubblico musicalmente ferrato come quello jazzistico, ad una serie di improvvisazioni piene di feeling e di capacità tecniche, non poteva che essere l'entusiasmo totale che si sente sul disco alla fine di ogni brano.

Paul Gilbert ha militato per anni nei Mister Big insieme ad altri virtuosi come il bassista Billy Sheenan. Con questa band ha inciso diversi dischi, ma devo dire che a livello musicale non mi ha mai convinto tantissimo quell'esperienza.
Consiglio invece a tutti di ascoltare il "Tribute to Jimi Hendrix", per capire veramente la potenza musicale racchiusa nei polpastrelli di quest'uomo.

A proposito, eccovi il filmato della "Red House" di apertura del concerto... guardate, ascoltate... e stupitevi!

Link al video (in realtà c'è solo l'audio)

giovedì 1 gennaio 2009

Buon 2009 (con tanta buona musica) a tutti!

Siccome dopo 8 anni starò festeggiando il capodanno, mi costituisco: non sto scrivendo sul blog in diretta!
Diciamo che sono in differita... sto "registrando" questo post per mandarlo in onda allo scoccare del nuovo anno.

Il primo capodanno di questo blog non poteva che essere festeggiato con un brano a tema, tratto da "War" (1983), terzo album degli U2 (il disco che contiene la mitica "Sunday bloody sunday"), un disco dei grandi U2, quelli prima di "Achtung baby", quelli lontani anni luce dalle "Discoteque". La canzone ovviamente è "New year's day".
Buon anno a tutti!



domenica 21 dicembre 2008

Natale, fantasmi e beneficenza (Band Aid & Co.)

Una delle pochissime cose natalizie che mi piacciono è il racconto "Il canto di Natale" di Charles Dickens, la vicenda del vecchio e avaro Scrooge (che vive da solo e non festeggia il Natale), nella quale appaiono i fantasmi del Natale passato, presente e futuro, che lo aiutano a vedere la vita (e non solo il Natale) in modo diverso.

Tutti quelli che hanno un po' più di venti anni... ricordano, o hanno sentito parlare, di "Do they know it's Christmas?" (1984), canzone natalizia della Band Aid, un super gruppo di artisti britannici tra i quali spiccavano personaggi come Sting, Paul Weller, Midge Ure e Bono Vox, riunitisi per iniziativa di Bob Geldof (un musicista Irlandese famoso soprattutto per essere il protagonista del film Pinkfloydiano "The Wall"), per portare aiuto alle popolazioni affamate dell'Africa (gli incassi del disco furono infatti devoluti in beneficenza).
A 24 anni dalla sua apparizione, questa canzone è diventata come il racconto di Dickens, una vera e propria icona natalizia (uno di quei video che si vedono sempre nel periodo di Natale, un po' come i film di Asterix).
Band Aid è stata inoltre la prima aggregazione di questo genere (ne sono state in seguito organizzate molte altre, per le più disparate cause, dall'aiuto alle popolazioni vittime di catastrofi, alla lotta contro l'Apartheid...).

Chi ricorda la Band Aid non può non ricordare anche la risposta Statunitense: USA for Africa, gente come Stevie Wonder, Tina Turner, Billy Joel, il "Boss" Bruce Springsteen (con la raucedine), Paul Simon, Diana Ross, Dionne Warwick, Willie Nelson, Al Jarreau, Steve Perry dei Journey, Huey Lewis e poi Bob Dylan, Ray Charles... che diretti in grande stile da Quincy Jones e capitanati da Michael Jackson, cantavano la strappalacrime "We are the world".

Visto che siamo in tema, mi piace citare anche Rock Aid Armenia, altro "mucchio selvaggio" di musicisti, riunitosi dopo un disastroso terremoto in Armenia, per cantare una frizzantissima cover di "Smoke on the water" dei Deep Purple.
A parte la scelta del brano (quello del riff più famoso della storia del rock), "Rock Aid Armenia" è la mia preferita tra le iniziative di questo genere, perché sono uno di parte; era infatti una reunion di personaggi rock, di quelli tosti: due Deep Purple (Gillan che è la voce originale del brano e Blackmore, la chitarra), Keith Emerson, Brian May e Roger Taylor dei Queen, Paul Rodgers (che oggi con questi due Queen ci va in tour), Ozzy e Tony Iommi dei Sabbath, Bruce Dickinson degli Iron Maiden, Dave Gilmour, etc...

Ma siccome siamo nel periodo natalizio torno alla Band Aid, per introdurre il videoclip dove ci sono tutta una serie di fantasmi degli anni '80 che, come nel "Canto di Natale", si presentano uno dopo l'altro... (gente come Paul Young, i Duran Duran, gli Spandau, Boy George e i Culture Club, le Bananarama... veri spettri del passato, roba da museo delle cere!). Buona visione.

giovedì 11 dicembre 2008

Una fenice rinata dalle ceneri degli Yardbirds (Led Zeppelin)

Poche band hanno fatto la storia del rock come i Led Zeppelin...
Pochi musicisti hanno suonato non dimenticando i maestri del passato e definendo gli stili del futuro come i Led Zeppelin...
In pochi casi nella storia del rock una band ha avuto individualità fortissime capaci di fondersi in un collettivo, creando una miscela micidiale come i Led Zeppelin.
Per tutte queste ragioni è difficilissimo scrivere qualcosa su di loro.

Tutti sanno (rifiuto di pensare che qualcuno non lo sappia) che i Led sono famosi per aver fatto i loro primi quattro album omonimi numerati: Led Zeppelin I, II, III e IV. Questi album, insieme al doppio "Phisical graffiti", che è uscito dopo qualche anno, sono prestigiose pagine della storia del rock e fanno parte della "preparazione di base" di un rockettaro D.O.C.
Tutti sanno (anche qui non accetto persone impreparate) che John ("Bonzo") Bonham è stato uno dei più grandi batteristi di sempre, che Jimmy Page è un pezzo di storia della chitarra, e così via per John Paul Jones al basso, fino alla voce unica del grande Robert Plant, che chiude il cerchio. Ecco un piccolo esempio per chi non avesse troppa memoria... ("Communication breakdown", da "Led Zeppelin I"...)



Forse non tutti sanno (qui qualcuno non preparato lo posso accettare) che i Led nascono, come l'araba fenice, dalle ceneri di un fantastico gruppo della seconda metà degli anni '60, in cui militò per breve tempo Jimmy Page: gli Yardbirds.
Gli Yardbirds sono citati in tutte le enciclopedie del rock come il gruppo che ha avuto nella sua lineup prima Eric Clapton, poi Jeff Beck, poi Page... Quest'ultimo, entrato poco prima del loro tramonto, si è perso i pezzi per strada ed ha cominciato a radunare intorno a se un po' di gente per onorare alcuni impegni presi dagli Yardbirds (il primo nome della nuova band, che già aveva la lineup dei Led, fu "New Yardbirds")... il resto è storia.

Eccovi una scena leggendaria del film "Blow Up" (1966 di M. Antonioni), dove per girare una scena di un concerto in un club, il maestro ha preso proprio gli Yardbirds, che si esibiscono in un rock 'n roll che suona già zeppeliniano. Il giovane e sorridente chitarrista, col caschettone di capelli e la giacca nera, inquadrato per primo, è Jimmy Page, l'altro (che poi distrugge la chitarra) è quell'altra leggenda che risponde al nome di Jeff Beck...


venerdì 14 novembre 2008

Classica e lirica... insieme al pop/rock? (il genio di Freddie)

La storia della musica è piena di incroci strani tra pop/rock e musica classica. E' possibile creare musica "transgenica" di questo tipo? Unire in maniera "sacrilega" il sacro col profano, si può?
Beh se parliamo della musica classica, di cose rock dall'approccio classicheggiante ce ne sono parecchie: l'organo Hammond di Jon Lord (Deep Purple) o quello di Keith Emerson (che con gli ELP ha riproposto opere di compositori come Musorgskij) e le acrobazie di Yngwie Malmsteen, che fa il Paganini con la chitarra elettrica (senza concludere molto, secondo me, a livello musicale), sono solo alcuni esempi.

Unire la musica "profana" con la lirica è impresa ancora più ardua, ma qualcuno ci ha provato. Il caso più famoso è quello del maestro (buon'anima) Pavarotti, che con i suoi "Pavarotti and friends" ha sicuramente perseguito scopi nobili e di beneficienza, ma musicalmente secondo me è stato uno scempio (il duetto di Pavarotti con i Deep Purple lo ricordo come una delle cose più ridicole che abbia mai visto).
Altro caso rappresentativo è Andrea Bocelli, che personalmente non apprezzo come interprete, come non apprezzo la musica che canta (trovo veramente kitch canzoni create per suonare come arie d'opera, tipo "Con te partirò").

Un esempio "buono", di perfetta integrazione tra pop e lirica però esiste. L'ingrediente pop di questa miscela si chiamava Freddie Mercury... il grandissimo, insieme a Montserrat Caballè (una delle più grandi soprano del mondo... in tutti i sensi...), ha creato qualcosa di irraggiungibile (nonostante la critica sia stata piuttosto severa), parliamo del disco "Barcelona" (1988). C'è poco altro da aggiungere, chi vuol sentire lirica, pop e rock in una sintesi sublime, non può che ascoltare questo disco.

Eccovi la stupenda "The golden boy" tratta proprio da "Barcelona". In questa esibizione live (in realtà è in playback), si vede un Freddie che farebbe scomparire dal palco chiunque e si ascolta qualcosa che è pop, è lirica, è gospel... insomma buon ascolto...

 
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