lunedì 19 dicembre 2011

The Commitments - il soul di Dublino


Steven: Mi benedica padre, perché ho peccato. Non mi confesso da venti giorni, ora suono in un gruppo. Volano parolacce e bestemmie, ho anche trascurato gli esami. Ci sono tre ragazze nel gruppo e io ho pensieri impuri su tutte e tre. Quando studiavo cantavo gli inni, ora canto sempre “When a man loves a woman”, di Marvin Gaye.
sacerdote: Di Percy Sledge.
Steven: Come?
sacerdote: Quella canzone l’ha scritta Percy Sledge, ho il 78 giri.


(dialogo tratto da The Commitments - A. Parker 1991)

Ci sono pochi film capaci di far innamorare le persone di un genere musicale. "The Commitments" di Alan Parker (si proprio lui, il regista di "Saranno Famosi" e di "The Wall"...) è un film che secondo me ci riesce. Questo film a dir poco delizioso, interpretato da attori praticamente sconosciuti (selezionati da Parker solo per le loro capacità musicali, tanto che poi The Commitments sono diventati un gruppo musicale), racconta la difficile realtà sociale della Dublino degli anni 80, nella quale un gruppo di ragazzi, guidati da Jimmy Rabbitte (il personaggio chiave di questa pellicola), si riunisce per dare vita a una band di Soul.
Il film è una spassosa sequenza di situazioni divertenti e di grandi brani musicali della tradizione soul, da Otis Redding a Wilson Pickett (solo per citare alcuni interpreti dei brani che la band propone nel film).
I personaggi sono tutti da gustare, dal trombettista che sostiene di aver suonato con tutti i grandi della musica mondiale (che è anche il playboy all'interno della band), al sassofonosta appassionato di Jazz, al manager (Jimmy Rabbitte) un tuttologo musicale, al cantante Deco un ciccione, maniaco sessuale, con una gran voce, senza dimenticare il batterista, il pianista e le tre coriste.

Questo film, oltre a rappresentare un gioiello di carattere musicale, è stato anche un apripista per altre pellicole in cui i personaggi, come nel film di Parker, riescono a realizzare qualcosa che li fa elevare dalle difficili condizioni ambientali in cui vivono: sto parlando di film come "Full Monty" (1997), ambientato a Sheffield in Inghilterra, in un contesto di forte disoccupazione e "Billy Elliott" (2000), anch'esso ambientato in Inghilterra, ai tempi dello sciopero dei minatori negli anni 80.
Il video che segue è la bellissima "Mustang Sally" (un vero e proprio classico dell'R&B) nella trascinante interpretazione della band all'interno del film.

giovedì 24 novembre 2011

20 anni senza Freddie

Venti anni non sono pochi, sono 5 lustri, 2 decenni... Oggi sono 20 anni che Freddie Mercury ci ha lasciati. Un grande frontman, un grande cantante, un grande musicista, un uomo che ha scandalizzato, commosso, emozionato, trascinato milioni di persone, sia coi suoi Queen, sia da solista.
La sua musica è entrata e entra tutt'oggi nelle nostre vite in mille modi: quante volte si è sentita e si sente ancora "We are the champions" nelle manifestazioni sportive? o "Somebody to love" in qualche spot pubblicitario? e "Bohemian Rhapsody" in chissà quanti contesti l'abbiamo ascoltata.
Non riesco a dire molto altro, è 20 anni che ci ha lasciato e, come l'altro grande che ci ha lasciato 40 anni fa, Jim Morrison, ancora se ne sente la mancanza.

Poco tempo prima di morire riuscì a girare quest'ultimo videoclip, della stupenda "These are the days of our lives" (tratta dall'ultimo lavoro dei Queen, "Innuendo"), le cui ultime parole sono "vi amo ancora", l'ultima frase che ha voluto dire ai suoi fans, nell'ultimo fotogramma del suo ultimo video musicale.
Grazie della musica che ci hai lasciato Freddie.

giovedì 29 settembre 2011

Nirvana (i 20 anni di "Nevermind")

Gli appassionati di rock riconosceranno nell'immagine qui a lato il remake della cover di un disco di 20 anni or sono... che aveva in copertina un neonato sott'acqua con davanti un dollaro attaccato a un amo. Quel bambino era Spencer Elden (nella foto è lui, ripreso nella stessa situazione, all'età di 17 anni) e quel disco era "Nevermind" dei Nirvana.

Nevermind è stato uno dei dischi "contemporanei" che ho ascoltato nel periodo in cui mi sono ammalato definitivamente di rock... uno dei pochi dischi realizzati da artisti post-anni 70 che mi hanno colpito e che ancora apprezzo.
Qualcosa di nuovo sembrava stesse nascendo in quello scorcio iniziale degli anni 90: di quel periodo ricordo canzoni come "What's up" delle 4 Non Blondes e "Alive" dei Pearl Jam, brani che forse non passeranno alla storia ma che hanno portato una ventata di freschezza (forse l'ultima) nel panorama della musica rock.

Quello era il periodo in cui usciva "Nevermind", con il singolo "Smells like teen spirit" che infuriava dovunque. Kurt Cobain, il fondatore e leader indiscusso di questo trio, era un ragazzo pieno di problemi, che veniva da un'infanzia disastrata e che di ragioni per urlare, cantando, ne aveva veramente tante. Un ragazzo che da lì a qualche anno avrebbe smesso di urlare il suo rock rabbioso e si sarebbe spento nel peggiore dei modi, suicidandosi.
A 20 anni dall'uscita di questo disco, del quale consiglio l'ascolto, ecco uno dei brani che in assoluto preferisco, di "Nevermind" e di tutta la produzione dei Nirvana: "Lithium". Ecco quindi Kurt che canta e suona la chitarra, diretto, ruvido e senza fronzoli.

sabato 6 agosto 2011

Estate 1981: Video Killed The Radio Star

Forse comincio davvero ad invecchiare... ma quell'estate del 1981 (30 anni fa...) me la ricordo, era l'estate in cui ci mettevi un minuto sulla radio a trovare "Video Killed The Radio Star" dei Buggles (una vera e propria meteora del pop, un duo di musicisti/produttori che avevano persino militato negli Yes).
I Buggles cantavano "il video che uccide la stella della radio", come qualche anno dopo i Queen, che con la loro "Radio Ga-Ga", cantavano il loro amore per la radio e la nostalgia per i tempi in cui era la radio a far compagnia, quasi a richiamare l'attenzione (loro che per primi realizzarono un videoclip, per "Bohemian Rhapsody") sul fatto in quel primo scorcio degli anni 80 la musica andava alla deriva, spostando sul video e sull'apparenza quello che sempre meno esprimeva con le note...
"We hardly need to use our ears", diceva la canzone dei Queen, e in effetti le orecchie da quell'epoca in poi abbiamo iniziato a usarle sempre meno. Usiamo gli occhi per vedere il video, ci facciamo ammaliare dalla tecnologia, dal media (la TV prima e tutti i new media oggi) e non ci accorgiamo che spesso la tecnologia è "rumore" che ci impedisce di ascoltare in modo profondo, e giudicare la qualità della musica.

Oggi nell'era dell'Ipod, degli mp3, della tecnologia che rende tutto connesso, scaricabile e "condivisibile", come parafrasiamo la canzone dei Buggles? "technology killed ... the video"? Si e no... la tecnologia ha ucciso forse la radio.. ma non l'ascolto (le radio si ascoltano in streaming), ha fatto fuori i video, ma non del tutto (si vedono su Youtube più che in tv) e in tutta questa incredibile attenzione al "medium" forse si fa meno attenzione a ciò che si ascolta... e questo è iniziato simbolicamente con quella canzone, che tra l'altro è stata il primo video trasmesso su MTV (i primi video trasmessi il giorno dell'inizio delle trasmissioni di MTV, lo testimoniano, li trovate a questo link).
I primi video di MTV... leggete la lista, è musica veramente improbabile salvo pochissime eccezioni... Diversi grandi in crisi di identità che, insieme a una serie di personaggi fortunatamente finiti nel dimenticatoio, scommettevano sulla novità del video, perché forse c'era sempre meno da far arrivare alle orecchie del pubblico.

Buona estate a tutti e viva la radio!

domenica 26 giugno 2011

Raphael Gualazzi, un cocktail di generi musicali in salsa italiana

Il 24 giugno sono stato al concerto di Raphael Gualazzi, e devo dire che ho ascoltato qualcosa di veramente importante che è salito alla ribalta, finalmente, nel panorama italiano.
Questo trentenne urbinate, arrivato al grande pubblico grazie a Sanremo Giovani, suona un genere che non è la musica di consumo degli eroi da un trimestre sfornati dai reality show, né quella dei santoni "rock" del nostro paese che riempiono gli stadi da 20-30 anni facendo sempre le stesse cose.
Se si ascolta il suo disco "Reality and Fantasy" si ha l'impressione di un artista che ama la musica, soprattutto il jazz, un jazz anche un po' antico, e molta altra musica nera sia blues, sia R&B, sia funk. Una contaminazione di un sacco di artisti e di generi (compresi echi di cose italiane che si chiamano Bruno Martino, Paolo Conte o Fred Buscaglione) che live ha avuto la sua piena espressione.
Comprate questo disco e andate a sentirlo dal vivo, ne vale davvero la pena. Nel concerto ha spaziato dalle cover dei classici come "Caravan" di Duke Ellington o "Confessin' the blues" di Little Walter, ai pezzi originali in cui comunque si riconosce la sua passione per certi generi musicali, interiorizzati a tal punto da restituirli nelle sue esecuzioni con una freschezza e una originalità, che insieme alla sua capacità di suonare (che non sfocia mai nel virtuosismo vanitoso, ma al piano è bravo e parecchio), sono la forza della sua musica.

"Reality and Fantasy", un disco con 15 tracce in cui il filo conduttore è la mano dell'interprete, essendo i brani veramente diversi come genere musicale. C'è il jazz raffinato, ma anche le incursioni nei ritmi sudamericani, c'è il soul di "Out of my mind" o di "Empty Home", c'è "Behind the sunrise" che un pezzo da crooner di altri tempi o "Scandalize me" che sembra "Higher ground" di Stevie Wonder suonata a velocità forsennata, o ancora "Lady O" e "Calda estate" due tributi rispettivamente a Buscaglione e a Paolo Conte e molto, veramente molto altro.
Cosa dire? continua così Raffaele, in Italia c'è tanto bisogno di gente che faccia musica.

Questa è "Icarus", pezzo al confine tra diversi generi musicali, che riporta alle atmosfere di certi club per appassionati di jazz e allo stesso tempo alla grande tradizione soul, ma con una vena pop che lo rende accessibile anche ad un pubblico più ampio.


domenica 5 giugno 2011

L'arca della musica anni '80: cosa c'è da salvare?

Gli anni '50, '60 e '70 sono stati tre decenni di grandissima innovazione musicale. Il rock è nato nei '50; i '60 ci hanno portato i Beatles, gli Stones, Woodstock e Hendrix (solo per citare due cose...); i '70 ci hanno fatto conoscere il rock più duro ma anche il progressive e il Jazz-Rock.
Cos'è successo dopo? è nato il "new romantic", il "dark"? Che peso dare a cose musicalmente anche di buona qualità, a forza messe nel calderone "grunge" degli anni '90? Direi che rispetto ai fenomeni storici dei decenni 50-60-70, abbiamo visto veramente poco.
Gli anni '80 in particolare sono stati, sul piano musicale, il decennio del crollo verticale per la musica, da tutti i punti di vista, dopo tre decenni caratterizzati da un fantastico crescendo (se possibile i sessanta sono stati più entusiasmanti dei cinquanta... e i settanta ancor più esplosivi).

Negli eighties la musica ha avuto una involuzione tecnica, creativa, stilistica rispetto al decennio precedente. Cose di qualità ci sono state, ma in singoli artisti o gruppi e comunque in singoli "episodi". Belle canzoni che passeranno alla storia, ma non passeranno alla storia i loro interpreti... tranne forse pochissime eccezioni. "Drive" la stupenda canzone dei Cars (qualcuno se li ricorda?) un pezzo che ancora oggi si ascolta dovunque ne è un esempio rappresentativo.
Se mi chiedessero di dare una definizione rapida degli anni anni '80, direi che sono stati il decennio delle sostituzioni: l'elettronica che sostituisce il musicista, l'immagine che sostituisce l'ascolto, la casa discografica che sostituisce i dj radiofonici nel decidere i brani da mandare in onda, etc... Una deriva verso la musica non suonata, verso la musica vista nei video più che ascoltata, verso la musica trasmessa perché qualcuno ci ha investito sopra dei soldi e deve rientrare dell'investimento...

Non voglio però cadere in una pericolosa generalizzazione. I Cure, i Depeche Mode, gli U2, i Dire Straits e i Police (tra i gruppi a cavallo dei due decenni) sono musica degli anni '80, come lo sono i Jane's Addiction, i Faith No More o i Living Colour... e canzoni belle come "Through the barricades" sono uscite fuori anche da personaggi di non immenso valore come gli Spandau Ballet.
Nel bene e nel male un personaggio come Michael Jackson negli anni '80 ha scritto pagine di musica memorabili e altri animali da palcoscenico come Madonna sono ancora, meritatamente, sulla cresta dell'onda.
Le canzoni "meteora" degli anni '80 che popolano i miei ricordi dell'infanzia e della pre-adolescenza vanno da "Video Killed The Radio Star" dei Buggles (due personaggi che avevano militato persino negli Yes...) a "The Heat Of The Moment" degli Asia (uno dei supergruppi degli anni 80 fatto di mostri sacri degli anni '70), passando per "Eye In The Sky" degli Alan Parsons Project, "Time After Time" di Cindy Lauper e "Walking On Sunshine" di Katrina And The Waves. Un bel po' di frammenti che collego a momenti della mia vita, ma che musicalmente neanche si avvicinano alla musica grandiosa dei decenni precedenti, quella che ho scoperto quando ho cominciato a tornare (musicalmente) indietro nel tempo.

"Happy Circus" era una trasmissione pomeridiana dei primissimi anni '80, condotta da Sammy Barbot. La sigla iniziale era "Every Little Thing She Does Is Magic" dei Police, una delle band veramente innovative del decennio.

mercoledì 20 aprile 2011

Cover, è proprio la stessa canzone?

Le due cornici qui a sinistra hanno un quadrato della stessa tonalità di grigio all'interno: il contesto in cui mettiamo la stessa cosa spesso la fa apparire molto diversa.
Una cover è una canzone riproposta da un altro artista, fin qui siamo tutti d'accordo. Credo che dire solo questo però, è abbastanza riduttivo: ci sono diversi modi di reinterpretare una canzone, da quello più fedele all'originale a quello dove la canzone, seppur riconoscibile, viene cambiata radicalmente se non addirittura stravolta. Come nelle due cornici a lato, le stesse note e le stesse parole, all'interno di un arrangiamento o una interpretazione differenti, possono risultare molto lontane dall'originale.

Una cover, dal mio punto di vista, ha un valore se chi la interpreta ci mette qualcosa di suo; troppe volte si ripropone un successo (senza cambiare una virgola...) per lanciare un disco di canzoni scarse facendo leva su qualcosa di conosciuto. A volte la cover diventa più famosa dell'originale ("All along the watchtower" di Bob Dylan è più conosciuta per la reinterpretazione di Jimi Hendrix), a volte è semplicemente una riproposizione che dona una nuova giovinezza all'originale (mi vengono in mente "You really got me" dei Kinks, riproposta con sound più moderni dai Van Halen o la "Tainted love" dei Marc Almond riproposta e rivoluzionata da Marilyn Manson). Qualche anno or sono c'è stata la moda dei dischi interamente composti da cover, alcuni molto belli come "Garage Inc." dei Metallica, "Cover to cover" del compianto Jeff Healey, "Inspiration" di Yngwie Malmsteen o addirittura la creazione di "supergruppi" per l'interpretazione di cover (gli Spin one two di Paul Carrack e Michael Rutheford, ad esempio, che hanno reinterpretato brani come "Can't find my way home" dei Blind Faith).

Ci sono musiche che viaggeranno e prenderanno forme diverse all'interno dei dischi, perché sono grandi brani, oppure interpretazioni di brani neanche eccezionali che diventano successi grazie all'interprete... la cover è quello da cui tutti i musicisti sono partiti, per forza! e molto spesso è anche il punto dove quelli "arrivati" esibiscono la loro bravura.
Una cover tosta e innovativa rispetto all'originale è questa "Personal Jesus" dei Depeche Mode, nella ruvida interpretazione del compianto Johnny Cash. Buona visione!

martedì 8 marzo 2011

Le ragazze dello swing, tre donne da non dimenticare

Oggi è la festa della donna ed ho pensato ad un post tutto al femminile.
Il 27 e 28 settembre dello scorso anno ho visto ed apprezzato tantissimo una fiction di Rai Uno: "Le ragazze dello swing", basata sulla storia del Trio Lescano. A mio avviso è con fiction come questa che la TV pubblica svolge il suo ruolo educativo/informativo, su vicende e personaggi importanti per la storia di un paese, che rischiano di cadere nell'oblio.

Prima di vedere questo film per la tv, conoscevo a malapena la storia di queste tre sorelle olandesi (Leschan era il loro vero cognome, italianizzato in Lescano, secondo le regole del regime fascista che bandiva le parole straniere) che hanno rappresentato la colonna sonora di un'epoca, quella che va dalla seconda metà degli anni '30 del secolo scorso, fino agli anni 40.
La loro vicenda seppur di un'epoca abbastanza recente ha molti aspetti oscuri, misteriosi e legati alla leggenda piuttosto che alla realtà, probabilmente perché il Trio è stato forse molto associato al ventennio (nonostante loro non si fossero mai schierate e nonostante la madre, Eva De Leeuwe era religione ebraica e aveva avuto la famiglia sterminata nei campi di concentramento). Questo accostamento al regime, ha probabilmente causato l'allontanamento dalla loro musica da parte di un paese che faceva del tutto per lasciarsi alle spalle i drammi di una dittatura.

La fiction, ha raccontato il loro arrivo in Italia come ballerine, la loro ascesa inarrestabile, anche perché molto ammirate dal regime, il loro declino, la rinascita con una sostituta italiana: Maria Bria, ancora vivente (una delle tre sorelle, Kitty, aveva lasciato il gruppo) con cui il trio è andato avanti fino al 1952, anno del definitivo scioglimento.
Certo è che la musica cantata dalle tre sorelle, composta e suonata dai grandi nomi dell'epoca (l'orchestra del Maestro Cinico Angelini, Gornj Kramer, etc.) era qualcosa di speciale. Forse per l'accento straniero, sicuramente per i virtuosismi, le armonie vocali e per lo swing trascinante (in un momento storico dove la musica jazz non era certo ben vista nel nostro paese) che la musica del Trio è da ascoltare ancora oggi, e ha tutt'ora tanti estimatori.

Nella fiction, le tre attrici che hanno interpretato Sandra, Giuditta e Caterina Lescano (anche i nomi dovettero essere italianizzati..) sono doppiate dalle Blue Dolls, un trio che ha nel suo repertorio moltissima musica dell'epoca e che ha fatto un grande lavoro di arrangiamento e di "olandesizzazione" del cantato. In sintesi consiglio a tutti questo film per la tv, diretto da Maurizio Zaccaro, che racconta in due puntate tutta la storia del trio, da non perdere alla prossima replica, per info: www.leragazzedelloswing.rai.it.
Quella che segue è una sequenza deliziosa, che accompagna la altrettanto gradevole "La gelosia non è più di moda" un brano che sintetizza il virtuosismo vocale, lo swing e allo stesso tempo la modernità nell'approccio ai temi sentimentali (davvero sorprendente per l'epoca) di cui erano portatrici le tre sorelle olandesi.


domenica 13 febbraio 2011

Riposa in pace Gary

Domenica scorsa, mentre era in vacanza in Spagna, ci ha lasciato Gary Moore, chitarrista e cantante irlandese di Belfast, emigrato a Dublino da giovane per seguire la sua passione: la musica.
Sin dall'inizio della sua carriera (l'esperienza degli Skid Row, insieme all'altrettanto compianto Philip Lynott, col quale si sarebbe ritrovato anni dopo nei leggendari Thin Lizzy) ha fatto del rock la sua bandiera, un rock che è spesso stato sulla linea di confine con altri generi musicali: il Jazz nei Colosseum II, il folk e la musica celtica, in alcuni suoi album solisti e soprattutto il blues, quel blues che ha cantato e suonato con tanta passione, come nei dischi incisi dagli anni '90 in poi ("Still Got The blues", "After Hours" o "Blues For Greeny" dedicato a uno dei suoi mentori, Peter Green).
Ci ha lasciato un'eredità musicale importante, è stato soprattutto un grande della chitarra, di quelli che tutti chiamano "guitar heroes", un musicista dotato di una grande tecnica ma soprattutto di quel feeling che a tanti chitarristi ipertecnici manca e che lo rende riconoscibile in mezzo a tanti.

I blues sono i pensieri e gli stati d'animo tristi... il blues è il genere musicale che ha sublimato la sofferenza e il dolore, perché da questi è nato. Moltissime persone nel mondo in questo periodo stanno vivendo i loro blues a causa dell'inaspettata scomparsa di questo 59enne, che ancora aveva chissà quanto da farci ascoltare.
Questo è lui che dal vivo interpreta "Story of the blues", un pezzo che parla dei blues, che racconta i blues che nella vita si hanno quando finisce un amore.
R.I.P. Gary.

mercoledì 2 febbraio 2011

Sanremo 2011

Cosa si inventeranno in quest'edizione? Questa è la domanda che mi pongo ogni anno quando si avvicina il periodo Sanremese.
Sanremo nasce come il festival della canzone, quella canzone che è sempre più in secondo piano rispetto alle vicende dei vari "personaggi" mediatici che appaiono sul palco del Teatro Ariston. Nilla Pizzi, ad esempio, lo vinse nel '51 e nel '52 con le celeberrime "Grazie dei fior" e "Vola colomba" ma conquistò nelle stesse due edizioni rispettivamente i primi due e i primi tre posti con altre canzoni da lei interpretate, perché la gara era appunto una gara di canzoni e non di cantanti.
Questa manifestazione, col passare degli anni, è diventata anno dopo anno, sempre di più uno spettacolo di personaggi vari (molto personaggi e poco cantanti), con le canzoni relegate a ruolo di colonna sonora di uno show, una colonna sonora da ascoltare distrattamente.

Che la musica italiana sia in netto declino non è un mistero, e Sanremo rappresenta fedelmente questa tendenza. Ogni anno ormai si fa il "toto scandalo", per capire chi sarà il fenomeno mediatico e con quale caso (legato alla vita personale, agli affari di droga, ai contenuti volutamente provocatori di qualche canzone) si cercherà di mobilitare quell'attenzione che, con i contenuti artistici e musicali, il festival non attira più da anni.
In attesa dello scandalo di quest'anno (sarà Belen? la Canalis col suo fidanzato?), mi riallaccio ad uno di quelli degli ultimi anni: "Luca era Gay" di Giuseppe Povia, che è stato un caso emblematico, una canzone che ancor prima di essere ascoltata ha sollevato più di una contestazione nel periodo precedente al Sanremo del 2008. Ho visto in TV questa "Gianni era etero", interpretata dallo stesso Povia in una trasmissione. E' una parodia di "Luca era Gay" con il protagonista che fa il percorso esattamente opposto... buon Sanremo a tutti!

lunedì 24 gennaio 2011

L'album dei ricordi di Phil Collins (Going Back )

But thinking young and growing older it's no sin...
(Andare avanti negli anni, continuando a pensare da giovani non è un peccato...)

"Going Back" - Dusty Springfield


Arrivato ormai ai 60 anni, di cui gli ultimi 40 di enormi successi (debbo dire che la produzione da solista di questo artista, quella del periodo post Genesis, non mi ha mai convinto), uno come Phil Collins si permette di tornare indietro nel tempo e ricordare la musica che lo faceva vibrare da giovane.
Ovviamente le star come lui possono permettersi di rivivere certi ricordi, interpretandoli e incidendoli in un disco come quello pubblicato a settembre 2010: "Going back".
Prontamente ribattezzato da molti "Going Black", questo lavoro è per l'appunto un grande tributo a veri e propri classici della musica "nera", soul e R&B, anche se non tutti originariamente interpretati da artisti di colore (il brano di chiusura, che ha dato il titolo a questa raccolta, è stato portato al successo dalla biondissima cantante inglese Dusty Springfield).
La maggior parte dei brani di questo CD è comunque tratta dalla produzione della Motown, mitica etichetta di musica "nera" della quale ho già avuto modo di parlare nel blog. A tal propostito è da sottolineare la presenza, tra musicisti che hanno partecipato a questo progetto, di tre componenti dei "Funk Brothers", la spina dorsale musicale di moltissima della produzione dell'epoca d'oro della gloriosa casa discografica.

Nel reinterpretare queste canzoni, il grande Phil ha dichiarato di voler fare un disco vecchio, non uno nuovo. Se si esclude la title track, riarrangiata, le canzoni sono praticamente identiche alle versioni originali, forse anche in questo modo ha voluto rivivere i momenti magici della sua adolescenza, dei quali questa musica è stata la colonna sonora.
A me questo disco vecchio è piaciuto, è una bella carrellata di brani di vari artisti: da "Papa was a rolling stone" dei Temptations, a "Uptight" di Stevie Wonder, a "Love is like a heat wave" di Martha and the vandellas e ancora canzoni di interpreti come Smokey Robinson, The Supremes e Four Tops, nomi più che rappresentativi nel genere soul.

Ecco il video di "Going Back", il brano che ha dato il titolo a questo CD dell'ex batterista dei leggendari Genesis, una canzone che mi ha sempre trasmesso grandi emozioni, anche perché sotto lo pseudonimo di Larry Lurex è stata reinterpretata da un giovane Freddie Mercury un bel po' di anni fa.

sabato 1 gennaio 2011

Buon 2011

Ho scelto dedicare il primo post di quest'anno alla canzone "The Miracle" dei Queen, tratta dall'album omonimo.

Due motivi mi hanno portato a fare questa scelta:
1) il contenuto positivo della canzone, che parla di miracoli e ne parla dicendo che il miracolo è in tutte le cose che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi, nelle grandi meraviglie del mondo, come nei più piccoli aspetti della quotidianità; una canzone che parla anche di speranza e di pace;
2) il video di questa canzone (basta cliccare più in basso per vederlo) nel quale i quattro grandissimi tornano miracolosamente bambini. Forse è quello che dovremmo fare un po' tutti, iniziare questo nuovo anno con la freschezza, la vitalità e l'ottimismo dell'età più spensierata.

Buon anno a tutti, nella speranza di riuscire ad avere ognuno il suo miracolo.

 
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