Non seguo un telefilm dall'epoca di Starsky & Hutch, di Selvaggio West e delle Charlie's Angels e imbattermi anche solo nelle sigle o negli shorts pubblicitari dei telefilm di solito mi fa venire l'orticaria. I telefilm non mi piacciono, o meglio non mi piacciono più, tranne qualcosa di brillante, anzi comico, quello forse ancora ce la farei a vederlo (avendoci il tempo...).
Negli ultimi tempi riflettevo però su quanta gente può essere "illuminata" da un telefilm, e su quanto questi serial possono far conoscere tante cose buone agli spettatori (soprattutto ai più giovani).
Un esempio su tutti: CSI che (ho imparato da mia sorella) è diviso in tre serie indipendenti, una ambientata a Las Vegas, una a Miami, l'altra a New York. Bene, queste tre serie hanno tre sigle che sono rispettivamente: "Who are you", "Won't Get Fooled Again" e "Baba O'Riley" degli Who, uno dei più grandi gruppi della storia del Rock.
Sono sicuro che, essendo questi telefilm roba che tratta di investigazioni, la prima sigla sia stata scelta perché coerente col tema delle indagini (Who are you, cioè "Chi sei?", tratta dall'album omonimo del 1978), mentre le altre due... beh i produttori sono rimasti sull'onda Who e hanno inserito due grossi successi dello stesso gruppo, tratti entrambi dal mitico album "Who's next" (1971), tra le migliori produzioni della band britannica.
Cosa dire? è brutto per i cultori del jazz-rock sentirsi dire che Birdland dei Weather Report è la musica dello spot della "Milano da bere", ma forse grazie a quella pubblicità, qualcuno ha conosciuto questo grande gruppo. Allo stesso modo spero che qualcuno, incuriosito da una delle sigle di CSI, si vada a sentire un album degli Who, uno dei gruppi che di più hanno condizionato la scena Rock britannica e mondiale tra gli anni '60 e i '70.
Gli Who sono stati (e sono ancora) una band indimenticabile, esplosiva nelle performance live, che tra le altre cose ha scritto l'immensa opera Rock "Tommy", imperdibile, anche nella sua versione cinematografica (tra gli interpreti del film ci sono Jack Nicholson, Oliver Reed, e oltre agli stessi Who, anche personaggi come Tina Turner, Eric Clapton ed Elton John).
Due parole sui componenti degli Who: qualcuno ricorderà Pete Townsend (chitarrista e voce) più per il caso di pedopornografia in cui era stato coinvolto che non come musicista, poi ci sta Roger Daltrey (voce della band e protagonista del film Tommy), un animale da palcoscenico, e poi c'erano Keith Moon (scomparso nel 1978 uno dei più grandi batteristi di sempre) e John Entwistle (basso, anche lui scomparso, nel 2002).
E ora un po' di outing... confesso a tutti che il primo brano degli Who che io abbia mai ascoltato era la sigla di una trasmissione Rai: "Spazio Libero - programmi dell'accesso" (roba quasi preistorica, i più vecchi se la ricorderanno... è nel filmato qui sotto) che è praticamente un pezzetto dell'Overture dell'opera Rock "Tommy"... e poi vai a parlar male della TV!
sabato 30 agosto 2008
martedì 26 agosto 2008
Cieco, nero e povero, cos'altro occorre per diventare un genio assoluto della musica?
Confesso che l'amore per Stevie Wonder è legato ad occasioni particolari della mia vita: non a una, ma ben due storie con donne veramente speciali.
Fatta la doverosa premessa, e spiegata la ragione per la quale non potrò che amare la musica del grande Stevie per sempre, scrivo anche due o tre motivazioni di carattere musicale...
“Molti anni fa erano in molti a dirmi – Tu hai tre mattoni che pesano contro di te, sei nero, sei cieco e sei anche povero. – Ma Dio mi disse: - Ti donerò l’ispirazione per ispirare il prossimo ed incoraggiarlo verso positività e speranza. Ho creduto a Dio e non a loro”. Questo ha detto il grande Stevie quando è stato insignito della laurea ad honorem riconosciutagli in Alabama.
Questo nero, di famiglia povera, cieco praticamente dalla nascita, ha regalato al mondo momenti di musica eccelsi, direi imperdibili. Una carriera iniziata quando era un bambino capace di suonare diversi strumenti, proseguita diventando un musicista virtuoso che con la sua musica e la sua voce (un dono di natura) ha fatto da colonna sonora a decenni di vita di un sacco di persone nel mondo.
Siccome sono polemico ed anti-anni 80 dirò subito che non è lo Stevie Wonder di "Just Called to say I love you" quello di cui sto parlando. Non mi riferisco all'artista famoso che col suo talento immenso costruisce melodie su richiesta (un po' come fanno spesso altri grandi come Phil Collins o Eric Clapton..), ma piuttosto il musicista cieco che intitola un disco dei primi anni 70, che forse è l'apice della sua carriera musicale, "Visioni interiori" (Innervisions, 1973) o il musicista maturo e ispirato che con un disco riesce a deliziare gli amanti del soul, del blues, del rock, del jazz, della samba, del funk.. , intitolandolo "Canzoni nella tonalità della vita" (Songs in the key of life, 1976), un titolo che sintetizza magicamente tutte le influenze, gli stati d'animo, la fede, l'amore, l'"africanità", l'impegno civile che ci sono dentro le splendide melodie che compongono quest'opera.
Ho citato questi due dischi perché insieme a "Talking Book" del 1972, rappresentano il momento più bello e più creativo di questo artista da alcuni nominato solo come uno dei tanti dell'affollata scuderia Motown (da cui, per carità, sono usciti altri grandissimi interpreti, da Marvin Gaye alle Supremes di Diana Ross a Smokey Robinson... ma Stevie sta due spanne sopra!).
In questo video si vede una musica che trascina, che unisce, che crea il feeling tra i musicisti, una musica bella da suonare come lo è da ascoltare. Date un'occhiata, è "Sir Duke", dall'album "Songs in the key of life".
Fatta la doverosa premessa, e spiegata la ragione per la quale non potrò che amare la musica del grande Stevie per sempre, scrivo anche due o tre motivazioni di carattere musicale...
“Molti anni fa erano in molti a dirmi – Tu hai tre mattoni che pesano contro di te, sei nero, sei cieco e sei anche povero. – Ma Dio mi disse: - Ti donerò l’ispirazione per ispirare il prossimo ed incoraggiarlo verso positività e speranza. Ho creduto a Dio e non a loro”. Questo ha detto il grande Stevie quando è stato insignito della laurea ad honorem riconosciutagli in Alabama.
Questo nero, di famiglia povera, cieco praticamente dalla nascita, ha regalato al mondo momenti di musica eccelsi, direi imperdibili. Una carriera iniziata quando era un bambino capace di suonare diversi strumenti, proseguita diventando un musicista virtuoso che con la sua musica e la sua voce (un dono di natura) ha fatto da colonna sonora a decenni di vita di un sacco di persone nel mondo.
Siccome sono polemico ed anti-anni 80 dirò subito che non è lo Stevie Wonder di "Just Called to say I love you" quello di cui sto parlando. Non mi riferisco all'artista famoso che col suo talento immenso costruisce melodie su richiesta (un po' come fanno spesso altri grandi come Phil Collins o Eric Clapton..), ma piuttosto il musicista cieco che intitola un disco dei primi anni 70, che forse è l'apice della sua carriera musicale, "Visioni interiori" (Innervisions, 1973) o il musicista maturo e ispirato che con un disco riesce a deliziare gli amanti del soul, del blues, del rock, del jazz, della samba, del funk.. , intitolandolo "Canzoni nella tonalità della vita" (Songs in the key of life, 1976), un titolo che sintetizza magicamente tutte le influenze, gli stati d'animo, la fede, l'amore, l'"africanità", l'impegno civile che ci sono dentro le splendide melodie che compongono quest'opera.
Ho citato questi due dischi perché insieme a "Talking Book" del 1972, rappresentano il momento più bello e più creativo di questo artista da alcuni nominato solo come uno dei tanti dell'affollata scuderia Motown (da cui, per carità, sono usciti altri grandissimi interpreti, da Marvin Gaye alle Supremes di Diana Ross a Smokey Robinson... ma Stevie sta due spanne sopra!).
In questo video si vede una musica che trascina, che unisce, che crea il feeling tra i musicisti, una musica bella da suonare come lo è da ascoltare. Date un'occhiata, è "Sir Duke", dall'album "Songs in the key of life".
giovedì 21 agosto 2008
Iniziamo a scrivere qualcosa (forse Celentano aveva ragione?)
Chiedere a qualcuno "che musica ascolti?" è cosa tutt'altro che semplice, è difficile come scrivere il primo post di un nuovo blog!
Per una serie di convenzioni, di "etichette", quando si formula questa domanda la risposta è pressoché obbligata, è un "genere" musicale: rock, dance, pop, jazz, italiana (è diventata anch'essa un genere, come se Gigi D'alessio e Fabrizio De Andrè avessero qualcosa in comune... sigh..), house, electro pop, etc. Siamo in uno di quei casi in cui la domanda contiene già la risposta. Moltissime persone (non tutte per fortuna) hanno adottato alcune terminologie per catalogare la musica e ne fanno sfoggio. Apprezzo l'onestà delle persone che a questa fatidica domanda rispondono "ascolto un po' di tutto" perché credo sia quello che facciamo più o meno tutti, e da questo tutto tiriamo fuori le cose che ci piacciono.
La musica è un'arte e nel rapporto con quest'arte ognuno di noi fa le proprie scelte. Consapevoli di essere persone e quindi entità influenzabili anche se autonome, nella musica facciamo scelte: razionali ed emotive, di testa e di cuore, ci innamoriamo del bel (o della bella) cantante e ne facciamo il nostro idolo, ci schieriamo politicamente... insomma ognuno di noi costruisce un proprio modo di vivere quest'arte stupenda e questo modo non è assolutamente classificabile in un genere.
Ricordate la trasmissione Rokpolitik condotta da Adriano Celentano qualche anno or sono? Il molleggiato aprì le danze dividendo il mondo in due categorie: "rock" e "lento", inserendo nella prima categoria tutte le cose a suo avviso positive, e nell'altra quelle negative. Beh, secondo me quello è stato un esempio eccellente di quello che tutti noi facciamo nella nostra vita, e quindi anche con la musica. Ho aperto questo blog proprio per parlare delle canzoni, dei dischi, degli interpreti, che per me sono "rock".
Dedico questo primo post ai miei amici ai quali rompo i timpani (e non solo quelli!) parlando di musica.
Per una serie di convenzioni, di "etichette", quando si formula questa domanda la risposta è pressoché obbligata, è un "genere" musicale: rock, dance, pop, jazz, italiana (è diventata anch'essa un genere, come se Gigi D'alessio e Fabrizio De Andrè avessero qualcosa in comune... sigh..), house, electro pop, etc. Siamo in uno di quei casi in cui la domanda contiene già la risposta. Moltissime persone (non tutte per fortuna) hanno adottato alcune terminologie per catalogare la musica e ne fanno sfoggio. Apprezzo l'onestà delle persone che a questa fatidica domanda rispondono "ascolto un po' di tutto" perché credo sia quello che facciamo più o meno tutti, e da questo tutto tiriamo fuori le cose che ci piacciono.
La musica è un'arte e nel rapporto con quest'arte ognuno di noi fa le proprie scelte. Consapevoli di essere persone e quindi entità influenzabili anche se autonome, nella musica facciamo scelte: razionali ed emotive, di testa e di cuore, ci innamoriamo del bel (o della bella) cantante e ne facciamo il nostro idolo, ci schieriamo politicamente... insomma ognuno di noi costruisce un proprio modo di vivere quest'arte stupenda e questo modo non è assolutamente classificabile in un genere.
Ricordate la trasmissione Rokpolitik condotta da Adriano Celentano qualche anno or sono? Il molleggiato aprì le danze dividendo il mondo in due categorie: "rock" e "lento", inserendo nella prima categoria tutte le cose a suo avviso positive, e nell'altra quelle negative. Beh, secondo me quello è stato un esempio eccellente di quello che tutti noi facciamo nella nostra vita, e quindi anche con la musica. Ho aperto questo blog proprio per parlare delle canzoni, dei dischi, degli interpreti, che per me sono "rock".
Dedico questo primo post ai miei amici ai quali rompo i timpani (e non solo quelli!) parlando di musica.
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