mercoledì 21 marzo 2012

Glenn Hughes: the voice of rock


Oggi voglio parlare di una voce veramente speciale, un artista inglese che ha militato in una delle band simbolo dell'Hard Rock mondiale e che a mio avviso rischia di essere dimenticato, perché ormai fuori dai grandi circuiti della promozione musicale. Questo artista è Glenn Hughes, arrivato al grande pubblico grazie alla sua militanza nei Deep Purple: un bassista/cantante talentuoso che ha portato un'impronta molto particolare nella produzione di questa band.
Stevie Wonder (suo grande amico) lo ha definito il più nero dei cantanti bianchi, e ha dichiarato che è il suo cantante bianco preferito. Da grande ammiratore sia di Wonder sia di Hughes non posso che riconoscere questa vicinanza stilistica e di feeling musicale.

Il suo arrivo nei Deep Purple, insieme allo sconosciuto David Coverdale (fortunatissimo quanto poco dotato cantante), a seguito dell'abbandono dei giganti Ian Gillan e Roger Glover, ha portato una vena di soul e di funky nella band che aveva nel granitico hard rock intriso di strutture classicheggianti il suo segno distintivo.
In più di un live il buon Glenn Hughes ha improvvisato brani di canzoni come "Georgia On My Mind" di Ray Charles, inserendoli in medley ai limiti dell'impossibile con classici come "Smoke On The Water".
Bassista e cantante di grandissime capacità in entrambi i ruoli (l'ingaggio di Coverdale come cantante si dice fosse stato imposto dai manager del gruppo solo per mantenere la formazione a 5) portò la grande band al suo secondo grande cambio stilistico, dopo quello storico dell'epoca di "Deep Purple In Rock" (1970).
I Deep Purple non sono solo "Smoke On The Water" e "Child In Time"..., sono una grande band che tra gli altri ha avuto, nelle sue tante formazioni (ad oggi sono 8, denominate "Mark"), un talento come Hughes, che ha ottenuto un riconoscimento molto inferiore di quanto meritasse il suo valore artistico. I dischi in cui è presente questo grande artista sono "Burn" e "Stormbringer" del 1974 e "Come Taste The Band" del 1975, consigliatissimi, come lo sono i vari "live" in cui è presente.

Glenn, come tanti altri personaggi del rock, è stato vittima di se stesso, delle sue debolezze e della sbornia di successo; queste cose lo hanno portato alla dipendenza pesante da sostanze stupefacenti e ad un periodo di buio non solo musicale. Fortunatamente negli anni ha reagito ed ha saputo trovare la forza che qualche suo compagno di viaggio (ad esempio il chitarrista americano Tommy Bolin, con cui aveva condiviso un periodo nei Deep Purple, morto di overdose giovanissimo nel 1976) non aveva trovato, ed ha scoperto una seconda giovinezza artistica, soprattutto a partire dagli anni '90.

Questo è lui che canta "This Time Around", un pezzo tratto dallo splendido "Come Taste The Band", della formazione Mark IV dei Purple, quella in cui Tommy Bolin aveva rimpiazzato Ritchie Blackmore alla chitarra (da notare, nella presentazione del brano, Glenn commette un errore e lo presenta come un pezzo della Mark III !!). Una versione spogliata di tutte le sonorità elettriche sontuose, hard rock, monumentali, una esecuzione spoglia, nuda, ma così vera. Questo è lui, davanti al pubblico con la sua voce e poco altro: buona visione.


domenica 4 marzo 2012

Lucio Dalla (4 marzo 1943 - 1 marzo 2012)


Scrivo con tanta tristezza questo post, per ricordare il grande Lucio Dalla che ci ha lasciati a tre giorni dal suo celeberrimo compleanno (la sua canzone "4 marzo 1943" è uno dei brani senza tempo della nostra tradizione musicale). Ma chi è stato Dalla musicalmente? un cantautore e un compositore tra i più liberi sia come pensiero, sia come approccio musicale (sempre fuori dagli schemi e dai "generi" musicali... suonava e improvvisava da jazzista e riusciva a fondere la modernità del pop e la libertà del jazz con gli schemi più classici della canzone italiana). Lucio era un uomo di grande sensibilità, che ha saputo raccontare alla sua maniera emozioni, pezzi di vita, personaggi (come Nuvolari e Caruso) e luoghi (come Milano e Piazza Grande) del nostro paese.
Un altro grande che ci lascia e che, come i vari Battisti, De André, Bindi, Lauzi (solo per citarne alcuni), lascia dietro di se un vuoto artistico che difficilmente gli attuali "big" della canzone nostrana riusciranno a colmare.

La sua attitudine a non prendersi mai sul serio, la sua libertà di spaziare tra i vari generi musicali (è arrivato persino a musicare la Tosca), le sue immense capacità di sperimentare e di duettare con chiunque, ne fanno un caso pressoché unico nel nostro panorama nazionale. C'è bisogno di andare in Inghilterra per trovare un personaggio come Reginald Kenneth Dwight che, con il nome d'arte di Elton John, esprime da oltre 40 anni uno stile fatto di autoironia, anticonformismo e capacità compositive, musicali ed esecutive paragonabile a quello del grande Lucio.
Le parole e la musica delle canzoni di Lucio rimarranno a lungo con noi, nella loro semplicità allo stesso tempo sofisticata: "Caro amico ti scrivo", "A modo mio, avrei bisogno di carezze anch'io", "se io fossi un angelo, non starei mai nelle processioni", come si fa a citarle tutte...

Questa è "Piazza Grande", la canzone in cui Lucio si racconta, un po' come la "My way" di Frank Sinatra. Buon compleanno, dovunque tu sia ora.

domenica 12 febbraio 2012

Addio Whitney

Stanotte è morta a soli 48 anni un'altra star il cui successo (sicuramente meritato, era una persona di grandi doti e grande talento) ha forse rappresentato un modo per non affrontare altri problemi della propria vita. Ci vuole poco a paragonare il caso di Whitney, morta per cause ancora non ben identificate, a quello di Michael Jackson, il cui decesso ancora è un caso lontano dall'essere completamente risolto (se mai lo sarà).
In entrambi questi casi, come in tanti altri, il grande successo arrivato da giovani (che porta all'overdose di soldi e fama) sicuramente annebbia, confonde e nasconde i propri problemi e le proprie fragilità.
Whitney Houston era da non poco tempo in lotta per uscire dalla droga e per dare un senso alla propria vita che, tra relazioni fallite e una parabola discendente sul piano artistico, sembrava essere davvero in salita.

Una delle sue canzoni più famose, "The greatest love of all", diceva "E' facile trovare il più grande amore del mondo / Imparare ad amare te stesso è il più grande amore del mondo", il testo di questa canzone mi è sempre sembrato autobiografico, anche quando esprimeva posizioni di forza e di fiducia in sé "Ho deciso molto tempo fa di non camminare all'ombra di qualcun altro / Se fallisco o se ho successo, alla fine ho vissuto come ho voluto". Ha vissuto come ha voluto la nostra Whitney e non all'ombra di altri personaggi (era la cugina di Dionne Warwick, ma la cosa non è stata mai di primo piano nel suo successo), ma gli ultimi difficili anni della sua vita forse ci hanno svelato che non aveva imparato del tutto ad amare sé stessa.

C'è una canzone di Whitney che, sia musicalmente, sia per atmosfera, è da anni la mia preferita: "Saving all my love for you". Questo è il video, che ci mostra una giovanissima e brillante Whitney, in un'interpretazione che rimarrà nella storia della musica.

domenica 15 gennaio 2012

Per non dimenticare il XX secolo... (i Tazenda e Andrea Parodi)

Un post, forse il primo che faccio su questo blog, dedicato ad una sola canzone. Da tempo pensavo di scrivere per ricordare quel grande personaggio che è Andrea Parodi, leader dei Tazenda (quelli del duetto Sanremese "Spunta la luna dal monte", con l'altro indimenticato Pierangelo Bertoli), figlio della Sardegna (anche se mezzo ligure) scomparso prematuramente qualche anno fa.
Un artista che coi suoi Tazenda e anche fuori da questo trio, nelle sue esperienze da solista e nelle sue escursioni in altre attività come la regia, ci ha regalato grandi pagine di arte, soprattutto di matrice sarda, ma non solo. Nella produzione musicale del trio ci sono gli strumenti e le canzoni della tradizione sarda (ricordo ad esempio la splendida "No potho reposare", una canzone in lingua logudorese dei primi del 900, presente in un disco di questo gruppo), insieme alle sonorità più moderne di matrice pop/rock, anche cantate in lingua italiana.
Andrea ha lasciato il mondo nel 2006, ucciso cinquantenne da una bruttissima malattia. Rimarrà sicuramente nella memoria per le sue composizioni e per la sua capacità e intensità interpretativa.

In questo 2012 non certo facile per questo mondo e per il nostro paese, mi piace riprendere una canzone: "Le danze del XX secolo", tratta dall'album "Fortza Paris" (1995) dei Tazenda. E' una canzone forse un po' dimenticata, un bellissimo ripasso di un secolo di storia italiana e non solo, scritto dal chitarrista del gruppo: Gino Marielli; una avvincente rappresentazione che pare composta da cantastorie dei tempi moderni, fatta di dieci "danze" che hanno lo stesso tema musicale, arrangiato però in modo diverso. E' del 1995, quindi non parla dei fenomeni dei cellulari e di internet, né della globalizzazione o della Cina, ma ci ricorda quante cose ha visto l'umanità nel secolo che ci siamo lasciati alle spalle oltre due lustri fa, cose da non dimenticare, soprattutto in momenti difficili come quelli che stiamo vivendo.

La sequenza delle immagini che accompagna la canzone, creata da un utente youtube, mi è piaciuta moltissimo e ho riportato il suo video. Buona visione e buon ascolto.

lunedì 19 dicembre 2011

The Commitments - il soul di Dublino


Steven: Mi benedica padre, perché ho peccato. Non mi confesso da venti giorni, ora suono in un gruppo. Volano parolacce e bestemmie, ho anche trascurato gli esami. Ci sono tre ragazze nel gruppo e io ho pensieri impuri su tutte e tre. Quando studiavo cantavo gli inni, ora canto sempre “When a man loves a woman”, di Marvin Gaye.
sacerdote: Di Percy Sledge.
Steven: Come?
sacerdote: Quella canzone l’ha scritta Percy Sledge, ho il 78 giri.


(dialogo tratto da The Commitments - A. Parker 1991)

Ci sono pochi film capaci di far innamorare le persone di un genere musicale. "The Commitments" di Alan Parker (si proprio lui, il regista di "Saranno Famosi" e di "The Wall"...) è un film che secondo me ci riesce. Questo film a dir poco delizioso, interpretato da attori praticamente sconosciuti (selezionati da Parker solo per le loro capacità musicali, tanto che poi The Commitments sono diventati un gruppo musicale), racconta la difficile realtà sociale della Dublino degli anni 80, nella quale un gruppo di ragazzi, guidati da Jimmy Rabbitte (il personaggio chiave di questa pellicola), si riunisce per dare vita a una band di Soul.
Il film è una spassosa sequenza di situazioni divertenti e di grandi brani musicali della tradizione soul, da Otis Redding a Wilson Pickett (solo per citare alcuni interpreti dei brani che la band propone nel film).
I personaggi sono tutti da gustare, dal trombettista che sostiene di aver suonato con tutti i grandi della musica mondiale (che è anche il playboy all'interno della band), al sassofonosta appassionato di Jazz, al manager (Jimmy Rabbitte) un tuttologo musicale, al cantante Deco un ciccione, maniaco sessuale, con una gran voce, senza dimenticare il batterista, il pianista e le tre coriste..

Questo film, oltre a rappresentare un gioiello di carattere musicale, è stato anche un apripista per altre pellicole in cui i personaggi, come nel film di Parker, riescono a realizzare qualcosa che li fa elevare dalle difficili condizioni ambientali in cui vivono: sto parlando di film come "Full Monty" (1997), ambientato a Sheffield in Inghilterra, in un contesto di forte disoccupazione e "Billy Elliott" (2000), anch'esso ambientato in Inghilterra, ai tempi dello sciopero dei minatori negli anni 80.
Il video che segue è la bellissima "Mustang Sally" (un vero e proprio classico dell'R&B) nella trascinante interpretazione della band all'interno del film.

giovedì 24 novembre 2011

20 anni senza Freddie

Venti anni non sono pochi, sono 5 lustri, 2 decenni... Oggi sono 20 anni che Freddie Mercury ci ha lasciati. Un grande frontman, un grande cantante, un grande musicista, un uomo che ha scandalizzato, commosso, emozionato, trascinato milioni di persone, sia coi suoi Queen, sia da solista.
La sua musica è entrata e entra tutt'oggi nelle nostre vite in mille modi: quante volte si è sentita e si sente ancora "We are the champions" nelle manifestazioni sportive? o "Somebody to love" in qualche spot pubblicitario? e "Bohemian Rhapsody" in chissà quanti contesti l'abbiamo ascoltata.
Non riesco a dire molto altro, è 20 anni che ci ha lasciato e, come l'altro grande che ci ha lasciato 40 anni fa, Jim Morrison, ancora se ne sente la mancanza.

Poco tempo prima di morire riuscì a girare quest'ultimo videoclip, della stupenda "These are the days of our lives" (tratta dall'ultimo lavoro dei Queen, "Innuendo"), le cui ultime parole sono "vi amo ancora", l'ultima frase che ha voluto dire ai suoi fans, nell'ultimo fotogramma del suo ultimo video musicale.
Grazie della musica che ci hai lasciato Freddie.

giovedì 29 settembre 2011

Nirvana (i 20 anni di "Nevermind")

Gli appassionati di rock riconosceranno nell'immagine qui a lato il remake della cover di un disco di 20 anni or sono... che aveva in copertina un neonato sott'acqua con davanti un dollaro attaccato a un amo. Quel bambino era Spencer Elden (nella foto è lui, ripreso nella stessa situazione, all'età di 17 anni) e quel disco era "Nevermind" dei Nirvana.

Nevermind è stato uno dei dischi "contemporanei" che ho ascoltato nel periodo in cui mi sono ammalato definitivamente di rock... uno dei pochi dischi realizzati da artisti post-anni 70 che mi hanno colpito e che ancora apprezzo.
Qualcosa di nuovo sembrava stesse nascendo in quello scorcio iniziale degli anni 90: di quel periodo ricordo canzoni come "What's up" delle 4 Non Blondes e "Alive" dei Pearl Jam, brani che forse non passeranno alla storia ma che hanno portato una ventata di freschezza (forse l'ultima) nel panorama della musica rock.

Quello era il periodo in cui usciva "Nevermind", con il singolo "Smells like teen spirit" che infuriava dovunque. Kurt Cobain, il fondatore e leader indiscusso di questo trio, era un ragazzo pieno di problemi, che veniva da un'infanzia disastrata e che di ragioni per urlare, cantando, ne aveva veramente tante. Un ragazzo che da lì a qualche anno avrebbe smesso di urlare il suo rock rabbioso e si sarebbe spento nel peggiore dei modi, suicidandosi.
A 20 anni dall'uscita di questo disco, del quale consiglio l'ascolto, ecco uno dei brani che in assoluto preferisco, di "Nevermind" e di tutta la produzione dei Nirvana: "Lithium". Ecco quindi Kurt che canta e suona la chitarra, diretto, ruvido e senza fronzoli.

 
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